Roberto Carli è italiano, ma vive a Parigi, dove esercita la professione di perito d’arte. Sta partecipando a un’asta dove si vendono alcuni dei pezzi della sua società, la Carli&associati, quando viene contattato per valutare l’eredità che Line Bergeron, una signora novantacinquenne, scrittrice di romanzi storici, ha lasciato al suo unico nipote. Si tratta di un appartamento sito in rue La Bruyère, nel cuore di Parigi. La casa è disabitata da sessant’anni e l’erede, Laurent Dumas, dichiara di non avere mai conosciuto la zia e di non sapere nulla della casa. Anzi: l’eredità lo ha colto di sorpresa. Vuole che Carli stimi tutto ciò che l’appartamento contiene in modo che possa liberarlo e venderlo.
Quello che Laurent non sa è che Roberto Carli non è solo un perito d’arte, ma è soprattutto un “cercatore di storie”; un uomo che nel corso degli anni ha imparato che gli oggetti che sopravvivono ai loro proprietari hanno sempre molte vicende da raccontare: “Nell’istante in cui entro capisco che in questa storia così strana la zia è solo una figurante. Questo è un salotto della fine dell’Ottocento, rimasto intatto da allora… I mobili funzionali destinati a sedersi o a scrivere sono tutti della fine dell’Ottocento. Ci sono divani capitonnés, imbottiti e ampi per essere comodi, poltrone a due posti, dette confidents e quelle a tre, chiamate indiscrets. Emanano un’aria borghese e rassicurante, sono i complici di una vita agiata e rispettabile, muti testimoni di conversazioni onorevoli, sguardi furtivi, desideri occulti.”
Roberto, però, scoprirà presto che quell’aura di rispettabilità è solo una facciata. Così, si intrufola nella casa alla ricerca della sua anima per riportarne in vita gli antichi abitanti: la bellissima cortigiana Marthe, perdutamente innamorata di Tristan, un pianista dal grande talento ma da dalla vita breve, e di Line Bergeron, che di Marthe è la nipote.
Roberto sa che i morti vivono ancora lì, nella casa di rue La Bruyère, come se la tappezzeria ormai lacera fosse rimasta impregnata dei loro discorsi e della loro essenza.
Nella casa, l’antiquario scopre anche pezzi unici, di enorme valore, risalenti alla seconda metà del XVIII secolo e comprende di trovarsi di fronte a un mistero, perché la bella Marthe è nata solo nella seconda metà del secolo successivo. Non è difficile capire, per un esperto d’arte come Roberto, che l’appartamento di rue La Bruyàre nasconde molti segreti e che non tutti i custodi dei misteri sono ancora morti. Lui, però, sfidando la contrarietà dell’erede, è deciso a squarciare il velo di silenzio che da sessant’anni è calato su quella casa. Chi era davvero la bella Marthe? Qual è la sua storia? E Lina, come è entrata in possesso dell’appartamento? E perché nella casa sono custoditi così tanti pezzi del secondo settecento?
Indomito, Roberto si lancia sulle tracce di un passato oscuro che con l’aiuto di Valerie, sua moglie, e dell’espero di informatica Jerome, riuscirà a svelare, perché: “Cammin facendo ci accorgiamo che le storie si somigliano tutte, come le vite, diverse nel particolare, ma tutte fatte della materia di cui sono fatti i sogni.”
A me il libro è piaciuto. Vittorio De Martino, infatti, è riuscito a collegare passato e presente evitando i soliti cliché presenti in molte storie del genere. A indagare sul passato è un antiquario, un solido professionista, così competente da comprendere il vero valore degli oggetti, che non è solo quello materiale. Gli oggetti parlano ancora per le persone a cui sono appartenuti e se li si sa ascoltare possono narrarcene la vita, la morte, i sogni, i dolori, gli amori.
Un romanzo consigliato a chi ama il noir, a chi ama l’arte, a chi piace sognare e a quelli che non disprezzano l’ironia.