In fondo alla palude



Joe R. Lansdale
In fondo alla palude
Einaudi
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Spietato. Crudele. Ferocemente attuale nella sua ‘storicità’. Riletto oggi, a diciannove anni dalla sua prima edizione, “In fondo alla palude” di Joe Lansdale continua ancora a parlare forte. Di discriminazione, di razzismo, di pregiudizi. E costringe a riflettere su temi di cui si discute ampiamente anche ai nostri giorni, per quanto le vicende narrate siano ambientate quasi un secolo fa.
Lansdale ci porta in uno dei periodi più complessi della storia americana, quello della Grande Depressione (molteplici i richiami al capolavoro di Harper Lee “Il Buio Oltre La Siepe”). Le difficoltà economiche, l’arretratezza socio-culturale. Negli Stati Meridionali spaventose tempeste compromettono i raccolti e piegano le popolazioni. E ovunque imperversano i crimini del Ku Klux Klan. Harry trascorre la sua infanzia in una cittadina del Texas orientale, insieme alla sorella e ai genitori. Una di quelle realtà rurali, ancorate a tradizioni arcaiche, dove tutti si conoscono. O pensano di conoscersi. Perché tra loro agisce un efferato serial killer, nascosto dietro la facciata di una rispettabile posizione sociale. Ma nessuno, almeno inizialmente, sembra preoccuparsene, dal momento che le vittime sono prostitute e per giunta di colore. La ricerca dell’assassino rischia quindi di infrangersi contro maldicenze e pregiudizi, figli dell’ottusità mentale e di un razzismo pressoché ‘legittimato’. E, attraverso gli occhi del giovane Harry, il lettore arriverà a toccare infamie e bassezze dell’animo umano, all’ordine del giorno in un tempo in cui non era permesso coltivare ideali.
Lansdale non fa sconti: tortura i suoi personaggi fino a farne emergere il lato più oscuro. Gli errori, le decisioni sbagliate si pagano a caro prezzo. Inutile avere sensi di colpa: non c’è possibilità di redenzione. Qui, in un crescendo di tensione, si sviluppa la caccia al killer, che finirà per segnare una tappa fondamentale anche nel percorso di crescita di Harry. Perché “In fondo alla palude” è anche “romanzo di formazione”: non a caso l’autore sceglie come narratore un Harry anziano, ormai in casa di riposo, che ripercorre le vicissitudini di quegli anni lontani attraverso lo sguardo dell’allora giovane Harry. L’intrecciarsi di prospettive si risolve in un continuo dialogo tra passato e presente: riflessioni a posteriori e bilanci di vita che trovano spazio nella narrazione, impreziosendola ulteriormente. Una scelta efficace.

Giulio Oliani

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