Tirana, 1985.
Nell’Albania comunista, pochi mesi dopo la morte del feroce dittatore Enver Hoxha, Albertina Basha, bella figlia diciassettenne di un importante membro del Partito, segretario degli Affari Esteri, viene trovata dalla domestica a metà mattinata impiccata alla ringhiera di ferro battuto di un balconcino interno del salotto di casa. Una bella abitazione a due piani situata nell’imponente quartiere di Bloku, la zona più esclusiva della città, un ritaglio di paradiso praticamente inaccessibile circondato da guardie armate.
L’adolescente studiava danza, era molto brava, frequentava solo un’amica oltre alla famiglia e, a detta dei parenti più stretti, madre, padre e un fratellastro molto più grande di lei, non aveva motivi per togliersi la vita. A prima vista tuttavia la sua morte sarebbe un perfetto caso di suicidio, ma Ludovik Lamani, giovane detective originario di Valona, tradizionale città del nord, appena promosso, trasferito e assegnato all’indagine dal commissario capo in persona, nota subito sulla scena del crimine alcuni particolari che glielo rendono per lo meno dubbio . Primo, la giovanissima morta non ha lasciato scritto dietro di sé una qualunque cosa quali una lettera, un biglietto, un diario per spiegare il motivi del suo gesto, poi Lamani, per sua precisa esperienza, ritiene il suicidio per impiccagione una strana scelta per la mentalità di un adolescente. E anche il medico legale, dopo aver esaminato da vicino i segni sul collo della ragazza è perplesso e sollecita un esame autoptico. Certo poca cosa per ora per pensare all’eventualità di un omicidio ma l’autopsia, chiesta dal procuratore ed eseguita con priorità assoluta, vista l’importanza della famiglia, oltre a riscontrare sul corpo della ragazza evidenti segni sul collo che denotano uno strangolamento piuttosto che un’impiccagione, appurerà che il suicidio era una messa in scena, ma anche che Albertina Basha era incinta. Scomoda verità e scomodo caso da sbrogliare per Lamani costretto a barcamenarsi con le alte leve del potere e che pochi giorni dopo si vedrà anche assegnare un altro caso.
Una coppia di anziani rom infatti ha denunciato la scomparsa da più di un mese di Azbi, un nipote di nove anni, dal loro accampamento ai piedi del monte Dajti. Per loro poi si tratta addirittura del secondo nipote svanito nel nulla. Quattro anni prima infatti anche un altro nipote Faruk era sparito come Azbi, poco lontano da Valona.
Basterà poco al giovane detective per appurare che negli ultimi dieci anni ci sono state almeno nove denunce per la sparizione di piccoli nomadi tra Tirana e altre città albanesi. Tutti casi che presentavano le stesse caratteristiche e tutti ,ohimè, archiviati per mancanza di prove.
Testardo e ambizioso, deciso a provare la sua capacità professionale, Ludovik Lamani invece intende andare a fondo e provare a risolvere i suoi casi con l’appoggio di Vasil, una recluta, un ragazzone della sua regione che lo segue come un’ombra, di Miha, la bella ebrea, maestra di danza di Albertina e Brikena, la migliore amica di Albertina che sa di lei molto di più di quanto dice.
Il suo compito tuttavia si dimostrerà molto più difficile del previsto e soprattutto molto rischioso. Lamani infatti dovrà scontrarsi sia con la longa manu del potere, scomoda e implacabile, che con il Sigurimi, la terribile polizia segreta albanese, una mostruosa piovra dalle mille identità. Uno scontro impari, senza alcuna speranza di vera giustizia? Senza contare poi certi inquietanti fantasmi del suo passato, dimenticati nel profondo della sua anima. , che l’assalgono minacciosi e l’assillano di notte con spaventosi incubi.
Protagonista e fulcro vitale del romanzo, un noir duro, molto crudo ma coinvolgente – con una cronaca che andando al di là dei fatti mira a inquadrare il martoriato profilo politico-sociale dell’Albania durante il periodo del regime – è il detective Lamani, personaggio centrato, uomo retto, dalle idee chiare, dotato di mente lucida, attenta, combattiva ma che dovrà confrontarsi con un’agghiacciante realtà e i suoi peggiori segreti, in grado di calarci nella la realtà politico-sociale del vicino passato di un paese, insinuandosi nelle più oscure pieghe della sua storia.
Una storia inquietante e altamente drammatica per le sue dirette conseguenze su una intera popolazione, quella che fa da cornice e crudele canovaccio a questo La valle dei bambini perduti di Artur Nuraj. Una storia durissima ma utile a introdurre e spiegare in qualche modo al lettore le aberranti regole e il marciume che hanno governato l’Albania durante la lunga era della dittatura comunista sotto il ferreo dominio di Enver Hoxa.
La valle dei bambini perduti – Artur Nuraj
Patrizia Debicke