Leonardo da Vinci, il mistero di un genio – Barbara Frale

Sua Eccellenza (si dice, e si scrive Eminenza per migliore comprensione di chi legge, lo faccio anch’io ma questo appellativo ai cardinali risale solo alla fine del ‘600) Cristoforo Numai, ottenne nel concistoro del luglio 1517 da Leone X il titolo di cardinale prete di S. Maria in Aracoeli e nello stesso anno l’amministrazione della sede episcopale di Alatri, ricca carica che mantenne per tutta la vita. Il cardinale Cristoforo Numai si recò in Francia e vi soggiornò dal 29 marzo al 19 novembre del 1518. Il suo viaggio aveva anche e forse soprattutto lo scopo di incontrare Francesco I, per sollecitarlo a partecipare alla crociata che il papa intendeva bandire contro i turchi.
Da Ansenis (Loira Atlantica) Numai ottenne anche il sostegno e una bella regalia di 200 ducati d’oro dalla regina madre, Luisa di Savoia, atti ad allietare il suo soggiorno ma il re, pur accettando di incontrarlo, vanificò la sua missione respingendo l’appoggio alla crociata.
E proprio a lui, il devoto ma poco simpatico cardinale francescano Cristoforo Numai, Barbara Frale. mischiando con indubbia e colta abilità, realtà a fantasia, regala un’importante parte sul palcoscenico dei primi capitoli del suo romanzo. Fa di lui il legato apostolico di papa Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici figlio di Lorenzo il Magnifico e, a maggio del 1519, gli affida l’arduo compito di recarsi a suo nome al castello di Clos-Lucé, dove Leonardo è signorilmente ospitato da più due anni dal ventiquattrenne sovrano Francesco I.
Pertanto “Leonardo Da Vinci. Il mistero di un genio” parte di qui: come già detto, da un intrigante primo capitolo che ci narra del frenetico bussare della missione pontificia al possente portone d’accesso di Cloc-Lucé, della lunga nefasta attesa, dell’arrivo a cavallo del sovrano di Francia scortato dai suoi uomini e delle sue spiegazioni sull’astruso meccanismo che sigilla a tempo l’accesso al castello. E infatti, due ore dopo, finalmente uno sferragliare d’ingranaggi, gracchiare di ruote dentate e tintinnare di catene in movimento. Quindi, dopo quella specie di concerto metallico, la porta, una sorta di mosaico animato e magico di spranghe metalliche tanto larghe da sembrare travi , simile a una lastra d’acciaio compatta e impenetrabile, si apre e consente loro di entrare.
Appena il cardinal Numai si trova davanti un Leonardo anziano, quasi al termine della sua vita, attacca minaccioso: vuole De igne, il libro del fuoco, il trattato perduto di Leon Battista Alberti, prezioso libro dal contenuto eretico che il vecchio Maestro custodisce in segreto. La versione originale di un testo condannato dalla Chiesa, sui principi di Origene e non la traduzione edulcorata dal monaco Rufino. Presumibilmente un trattato sulla Creazione, non la Genesi ma un testo apocrifo. Un’altra Bibbia. Una conoscenza proibita, la stessa che il Serpente rivelò ad Adamo, il segreto stesso della somma conoscenza che rende simili a Dio… Nel suo misterioso trattato sulla natura e il potere del fuoco sarebbero contenute affermazioni che, in aperto contrasto con la Bibbia, anticipano di cinque secoli le più moderne teorie scientifiche sulla formazione dell’universo. Un brutto attacco e un’infamante accusa che se dimostrata potrebbe pregiudicare l’appoggio di Leone X alla scalata del suo benefattore francese verso il trono del Sacro Romano Impero, vacante dalla morte di Massimiliano d’Asburgo.
Francesco I vuole solo proteggere Leonardo, il Maestro che stima, un uomo solo, vecchio e malato senza mettersi in aperta opposizione con il Papa. Leonardo nega tranquillamente di essere un eretico. E invece offre loro di raccontare una storia. Forse ascoltandola potranno sapere qualcosa sul libro che tanto interessa al Papa, E forse all’alba infine verrà rivelata l’ultima verità, l’eredità che Leonardo sta per lasciare al mondo.
E da quel momento, passa a narrare in prima persona: una storia che lo vede protagonista in un lontano 1482, quando aveva accettato di recarsi a Milano per offrire i suoi servizi a Ludovico il Moro. Una storia che comincia con una lettera di presentazione e un viaggio…
Siamo nella primavera del 1482, tempi difficili per lui a Firenze, e una condizione di grave crisi creativa. Leonardo è inquieto, ha cominciato a bere troppo, non lavora più, si ritiene incapace di portare a termine con successo ogni commessa affidatagli, anche perché è preda di un innegabile complesso di persecuzione che sempre l’affliggerà. Complesso, vuol sostenere, provocato dal fatto di essere un figlio illegittimo del notaio Piero da Vinci, – ma tanti bastardi come lui Sono ascesi alle massime vette senza farsi troppi problemi – e forse peggiorato dall’infamante accusa di sodomia dalla quale l’ha riscattato solo il fatto di essere stato coinvolto con un cugino di Lorenzo de’Medici. Ma certo la brutta nomea, insomma, certe voci sono dure a morire
Leonardo da Vinci ha già trent’anni, si è fatto un certo nome come apprendista alla celebre bottega del Verrocchio. Ma insieme al nome, il talento, anche se poi a conti fatti ha compicciato poco, e soprattutto il cattivo carattere gli hanno regalato diversi nemici, tanto che Lorenzo il Magnifico stesso, fino ad allora tra i suoi mecenati, gli propone una via di fuga, di riscatto e cioè trasferirsi con una sua raccomandazione come ingegnere a Milano alla corte di Ludovico il Moro, suo buon alleato.
Leonardo accetta. Ufficialmente sarà uno dei tanti artisti pronti a dare lustro alla corte degli Sforza. A Milano, se saprà farsi apprezzare, avrà anche l’occasione di creare capolavori… Una possibile ottimale collaborazione in grado di fargli ottenere fama e successo, ma che presto si trasformerà in qualcos’altro. E se invece di una nobile collaborazione rischiasse di diventare qualcosa di diverso?
Ludovico il Moro è un ambiguo personaggio ma che attrae Leonardo. Gli piace per la sua forza, forse anche per quel suo saliente tratto di megalomania; anche se non ne ama il cinismo e la spietata conduzione del potere. Ma, in realtà, Leonardo è stato incaricato dal Magnifico di compiere una missione segreta. Oltre ad acquistare De igne, il libro del fuoco, infatti il libro proibito del celebre Leon Battista Alberti, deve ricuperare un prezioso documento, per il Medici di inestimabile valore.
Da Firenze a Milano il viaggio è lungo e il protagonista si ritrova a condividere il cammino con l’emissario di Ludovico il Moro, un giovane Lisandro Dovara, e alcuni segreti celati nelle opere dei grandi artisti al servizio del Visconti. Insieme a loro ci avventuriamo alla conoscenza di alcuni curiosi indizi che conducono a dottrine orientali e che forse influenzeranno l’arte del Maestro. Un incontro il loro e una fatale attrazione, così intensa, in grado di cambiare per sempre la vita? Quello che era iniziato come un normale viaggio verso un nuovo impiego, si trasformerà per Leonardo nella ricerca della verità. Forse la verità dei libri nascosti e proibiti fonte di ispirazione per tutta la serie ,ohimè, non decrittabile di codici da lui a noi tramandata?
Cosa rende un uomo già di per sé straordinario nei suoi talenti un genio? La capacità di guardare e vedere oltre le apparenze, di oltrepassare i limiti imposti dalla propria capacità di percezione . Leonardo racconta e si racconta in prima persona in un percorso che lo porta a contatto con altre mani ed eccezionali menti del suo tempo. Una visione diversa e speciale dell’ arte e del sapere. Un percorso che fa accettare anche un amore tanto enigmatico, quanto il sorriso della Gioconda. Attorno a lui, la Storia prosegue il suo cammino segnato da lotte di potere, intrighi di palazzo, matrimoni combinati, manovre oscure e sottintese o no, idee di guerra. Una lunga vita quella di Leonardo di cui per altro si ha ampia documentazione e che lo ha portato a stretto contatto con le più importanti personalità dell’epoca ma a conti fatti in cui ha occupato sempre e soltanto un ruolo complementare o al massimo satellitare. Molti immensi artisti come lui ebbero vita dura, difficile, dovettero confrontarsi con realtà per un moderno osservatore forse inimmaginabili, nessuno come lui è tanto ricordato, considerato e amato e tuttavia nessuno mi leva dalla testa che non sia stato una persona facile. Insomma me l’immagino un crostino Abbastanza noioso? Su di lui si è detto di tutto e certe sue caratteristiche, come il fatto che fosse mancino e che scrivesse al contrario, insomma quel suo vezzo di usare una grafia speculare, per cui leggibile soltanto con l’utilizzo di uno specchio, hanno contribuito ad alimentare misteri e dicerie. C’è chi afferma che volesse celare di proposito invenzioni e scoperte, chi sostiene che, per i suoi studi sui cadaveri, fosse addirittura una specie di mago, un negromante. E poi poliedrico, dal multiforme ingegno, forse uno dei più importanti multipotenziali di sempre, tanto da lasciare inequivocabile segno in tanti campi del sapere: un essere speciale, insomma. Tanto speciale, da risultare persino antipatico?
Intanto tutti gli elementi che risaltano anche nel romanzo “Leonardo da Vinci. Il mistero di un genio” e confluiscono in un finale tutto da scoprire, solo esaltato dalla promessa finale del grande genio affidata ai posteri: “Io continuerò”.. Insomma tra storia e leggenda, una sfida pericolosa per un genio che non ha avuto pari? Mah che dire? Forse.
Scrittura accorta, senza tanti elementi dispersivi e che permette di tenere sempre alta l’attenzione, del lettore. Bella e scorrevole la ricostruzione ambientale che la Frale fa dell’epoca, pur regalando al suo libro, un romanzo denso di particolari storici, psicologici, culturali, quell’indispensabile nota di fantasia per renderlo godibile anche a un largo pubblico.
Un applauso all’ambientazione e alla minuziosità di certi dettagli da lei elencati tranquillamente. Innegabile la fluidità narrativa e straordinarie le evidenti competenze storiche che inquadrano ogni scena della trama e che riescono a rendere credibile anche le parti volutamente inventate,
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