L’isola sotto il mare



isabel allende
L’isola sotto il mare
feltrinelli
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È una storia di schiavitù, prima di tutto, quella che racconta Isabel Allende ne L’isola sotto il mare, la schiavitù dei neri d’Africa deportati nel XVIII secolo nelle Antille perché lavorassero nelle piantagioni e rendessero ricchi una manciata di bianchi possidenti. Per la precisione, la storia inizia nell’isola di Santo Domingo (oggi Haiti) nel 1770, per poi spostarsi a Cuba e, infine, concludersi in Louisiana.

Fra i diversi protagonisti, l’unica che parli in prima persona, qua e là fra le pagine del lungo romanzo, è Zarité, soprannominata Tété, una mulatta venduta all’età di 9 anni a Toulouse Valmorain. L’uomo era partito dalla madrepatria alla volta della colonia, allora francese, per prendere possesso delle tenute di canna da zucchero di proprietà della famiglia.

Da quel momento, i destini dei due restano indissolubilmente legati, fra mille vicissitudini che ne segnano i destini, anche se, paradossalmente, per una strana forma di giustizia che – a quanto pare – talvolta è anche terrena, ad avere la sorte migliore, alla fine, è proprio la schiava. O, meglio, la ex schiava, dato che arriva il momento in cui Tètè può affrancare se stessa e la figlia Rosette e condurre dunque una vita da donna libera.

È una storia di sentimenti, come sempre accade nelle storie di uomini (e di donne) e in particolare in quelle della Allende, grande narratrice, in cui emerge tutto il meglio e il peggio della razza umana, perché l’uomo (e la donna) ama e odia. E, purtroppo, più spesso capita che a prevalere sia l’odio.

D’altra parte la sorte finale è uguale per tutti – perché prima o poi si muore – ed è forse l’unica consolazione, insieme alla consapevolezza che qualche cambiamento avviene su questa miserevole terra.

“Non farò in tempo a vedere tutto ciò, Maurice. Ma so che anche se liberassero gli schiavi, non ci sarebbe uguaglianza”. “Alla lunga ci dovrà essere, maman. È come una palla di neve che inizia a rotolare, cresce, prende velocità e poi nessuno può fermarla. Così avvengono i grandi cambiamenti della storia”.

 Allora è in nome di questi grandi cambiamenti e perché non smettano di esistere che si leggono con piacere ancora maggiore le sorti della vita di Tété, dei suoi figli, dei suoi amori e anche di coloro che ha visceralmente odiato. La verità, se mai di verità si può parlare, è che l’esistenza di ciascuno di noi è una miscela dei due principali sentimenti che muovono il mondo, ma per conservare il diritto di essere considerati esseri umani l’amore deve riempire i polmoni ed avere la meglio.

A quanto pare, ogni tanto, succede.

benedetta giorgi pompilio

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