Lo specchio nero



Gianluca Morozzi
Lo specchio nero
Guanda
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Nel corso degli anni, sono parecchi gli autori che si sono cimentati con il “mistero della camera chiusa”. Edgar alla Poe, Agatha Christie, John Dickson Carr e Hake Talbot solo per citarne alcuni. Ora ci prova anche Gianluca Morozzi con il suo nuovo romanzo “Lo specchio nero” e il risultato è sicuramente all’altezza dei suoi predecessori. Dopo una notte di cui ha solamente vaghi ricordi, confusi flash back, Walter Pioggia si sveglia in una stanza con le pareti dipinte di Viola, chiusa dall’interno con un chiavistello. Un coltello sporco di sangue in mano, una ragazza distesa su un materasso e un uomo nella vasca da bagno. Tutti e due morti, probabilmente uccisi con il coltello che stringe fra le mani. Preso dal panico abbandona la casa, getta il coltello in un piccolo lago e torna nel suo monolocale con la certezza che la polizia non tarderà a fargli visita. Controlla ossessivamente le notizie di cronaca nera, cerca di ricordare cosa sia successo la sera prima del risveglio e alterna momenti di sconforto e rassegnazione ad altri dove cerca di convincersi della sua innocenza e che tutto si aggiusterà. Si sforza di sintonizzare la sua vita su frequenze conosciute e rassicuranti, ma non può fare a meno di continuare a tormentarsi, di provare a trovare risposte convincenti alle domande che gli girano in testa. Risposte che arriveranno solo nelle ultime pagine del romanzo, con un colpo di scena inaspettato e convincente. Non l’unico peraltro, perché l’intero romanzo e costellato di falsi indizi e rivelazioni sconcertanti che sembrano portare in una direzione per poi rivelarsi strade senza uscita. Morozzi, senza mai appesantire la narrazione, alterna il racconto in terza persona a passaggi in prima che si riveleranno estratti del romanzo scritto dal protagonista e basati sulla sua tormentata e difficile adolescenza. Sempre rimanendo in bilico fra presente e passato, tra realtà e immaginazione, racconta una Bologna nascosta e misteriosa, il centro e l’estrema periferia, la descrive con affetto e ironia e le regala un ruolo da protagonista. Un ottimo romanzo che riprende le atmosfere claustrofobiche di Black out e Radio Morte e arricchisce la galleria dei personaggi riusciti dell’autore bolognese.

Ferdinando Pastori

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