Ricordo ancora l’emozione provata nel leggere “Uomini che odiano le donne”, primo capitolo della saga Millenium. Era il 2007 e nella libreria della mia città ne era arrivata una sola copia, come accade spesso in occasione di uscite prive del traino pubblicitario (quello, arrivò dopo e in maniera massiccia), e io me l’ero subito accaparrata.
Un po’ per lo spirito compulsivo che mi porta ad acquistare gialli come fossero caramelle, un po’ perché mi piace leggere le opere prime e un po’ anche perché il mio fiuto mi aveva detto: compralo. Superato lo scoglio iniziale, la mole, quasi 700 pagine, i nomi e luoghi in lingua svedese, i continui riferimenti al mondo a me indigesto della finanza, anch’io come milioni di altri in tutto il mondo ero stato rapito dalle gesta di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist.
Così, negli anni, romanzo dopo romanzo, Millenium è diventata un’ossessione. Ora siamo arrivati alla quinta puntata, “L’uomo che inseguiva la sua ombra” (Marsilio) e come noto, dopo la morte di Stieg Larsson che ha scritto la trilogia, il testimone è passato nelle mani, anzi nella penna, del connazionale David Lagercrantz.
Differenze? Già nel quarto libro si era capito che la forza del duo Salander-Blomkvist era rimasta pressoché identica (i personaggi, dunque, vengono prima dello scrittore e della scrittura? Sono più importanti?). Il passaggio autoriale, insomma, non ha prodotto a quanto pare danni. Evidentemente il profilo dell’hacker (Lisbhet) e del giornalista (Mikael), era stato così ben disegnato e definito in passato, da non lasciare spazio a scossoni. In questo quinto capitolo Lisbeth Salander si trova in carcere e da lì, aiutata dall’amico Mikael Blomkvist, è impegnata nuovamente nel tentativo di far piena luce sul suo tortuoso passato. Naturalmente non mancano gli ingredienti della trilogia di Larsson: Lisbhet che a costo della sua stessa vita difende una giovane vittima di violenze, anch’essa dietro le sbarre, Mikael che continua a lottare in nome di ideali e di un giornalismo in cui forse neppure più lui crede, gli intrecci con l’economia. Piove o nevica per tutto il romanzo. E quando non piove o nevica poco ci manca e comunque c’è foschia, o nebbia. L’atmosfera noir, dunque, è preservata.
Ogni tanto, ma questo capitava anche con Larsson, manca un po’ di scorrevolezza. Lagercrantz ci mette del suo e a tratti affiora un po’ di noia, la trama diventa un rompicapo. Ma poi volti pagina, ricompare Lisbeth, i fili si riannodano. Interessanti, e questi invece sono punti a favore di Lagercrantz, sono le citazioni di libri e brani musicali e il parallelo tra la finanza mondiale e la fede. Se fosse una canzone, “L’uomo che inseguiva la sua ombra” sarebbe “Pain” dei The War on Drugs. Voto 7.
L’uomo che inseguiva la sua ombra – Millennium 5
Alessandro Garavaldi