Danza macabra



veit heinichen
Danza macabra
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Nella luce incerta di una piccola chiesa tardogotica, al confine tra Italia e Slovenia, due amanti sono avvinghiati ad ascoltare una guida turistica che illustra gli splendidi affreschi.
La Danza Macabra, la più suggestiva tra le pitture, rappresenta la metafora dell’indistinguibilità degli uomini di fronte alla Morte.
E la Morte, con i suoi colori forti ed estremi, irrompe con prepotenza nell’incipit di questo romanzo dell’autore tedesco trapiantato a Trieste, Veit Heinichen.

Una bomba esplode a Trieste in pieno centro, ma le forze dell’ordine se ne accorgono solo dopo cinque ore. Neanche un’esplosione riesce a turbare l’indolenza di questo luogo di confine, così radicato nelle sue tradizioni.

Ancora una volta, a guidare le indagini troviamo il commissario Proteo Laurenti, divenuto ormai vicequestore.
E’ simpatico, questo commissario Laurenti, un po’ un Montalbano del Nordest. Ama il buon vino, il buon cibo, e le belle donne (non necessariamente in quest’ordine).

Nel penultimo episodio della saga il commissario è alle prese con due vecchie conoscenze: Viktor e Tatjana Draki?.
I due fratelli hanno le mani in pasta in un grosso affare riguardante lo smaltimento di rifiuti. La bella Tatjana ha cambiato faccia, grazie a una serie di interventi chirurgici, ma non le sue attitudini criminali.
Ancora una volta il commissario si troverà nel mirino degli spietati fratelli Draki? e Trieste si manifesterà come crocevia di culture non sempre perfettamente integrate, centro di traffici occulti tra l’Europa dell’Ovest e quella dell’Est.

Un noir dal ritmo serrato, a tratti surreale e poco verosimile, ma ben scritto e avvincente. In fondo, cosa si può chiedere di più a un autore? Un Veit Heinichen in gran forma.

luca filippi

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