Oscar Wilde e i delitti a lume di candela



gyles brandreth
Oscar Wilde e i delitti a lume di candela
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Londra, 1889. Oscar Wilde, accompagnato dall’amico Robert Sherard, voce narrante del romanzo, indaga sulla morte di Billy Wood, un ragazzo di vita cui era affezionato per ragioni non sospette. Quando (finalmente) giungerà, la verità sarà inattesa ma la giustizia trionferà.

Logorroico, lento, buonista, questo giallo è davvero una noia e una delusione, persino per gli appassionati dei romanzi vittoriani più di bocca buona.

L’intento principale dell’autore è quello di far rifulgere il personaggio di Wilde in una luce positiva, umana e totalmente politically correct, eliminando ogni sospetto di pruderie. Il che andrebbe anche bene, se tale nobile intento si accompagnasse ad un minimo di accuratezza nella realizzazione dell’intreccio giallo, che invece è buttato lì con dilettantismo ed approssimazione.

L’autore non riesce neppure a rendere interessante la scena del delitto attorno a cui dovrebbe ruotare l’intera storia: il ragazzino ucciso – e il suo introvabile cadavere – sembra un pupazzo di segatura, e il continuo proclamare da parte del buon Oscar quanto era bravo Billy Wood e quanto lui gli era affezionato, sfiora il ridicolo. Quanto all’esibizione delle straordinarie facoltà deduttive di Oscar Wilde, presentate come un omaggio a Conan Doyle, che viene fatto comparire nel racconto, l’espediente è talmente ruffiano e scontato da risultare imbarazzante.

Gli altri personaggi, sono macchiette grossolane prive di plausibilità e sembrano muoversi a scatti, senza un minimo di logica o fluidità. L’intera struttura narrativa insomma è sciatta e sfilacciata al punto che, leggendo, si prova la medesima sensazione di quando si ascolta la trama di un film complicato fatta un amico incapace di raccontare.
Del resto avrebbe dovuto indurre il sospetto il fatto che il risvolto di copertina, che lo celebra quale “uno dei più intelligenti, spiritosi e gradevoli romanzi dell’anno” è redatto dal tetragono scozzese Alexander Mc Call Smith, non certo un campione di ritmo e suspence, coi suoi romanzi a base di the e chiacchiere ambientati fra le dame sovrappeso del Botswana.
In conclusione, chi vuole leggere un giallo serio e avvincente con protagonista un Oscar Wilde non edulcorato e molto più realistico, vada piuttosto a cercarsi sulle bancarelle il bellissimo “Oscar dei delitti” dell’allora immenso Walter Satterthwait (ed. gialli mondadori).

donatella capizzi

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