Sangue del mio sangue – Ruth Lillegraven



Ruth Lillegraven
Sangue del mio sangue
Carbonio
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Con Sangue del mio sangue (Carbonio Editore, marzo 2022) – il secondo capitolo della storia di Clara Lofthus, risoluta ma enigmatica esponente politica norvegese – la poliedrica scrittrice Ruth Lillegraven, che è anche poetessa e drammaturga, conferma peculiari doti di narratrice ed emerge come una delle penne più originali e profonde del noir nordico.

Che ancora una volta si tratti di noir – oscuro, sinistro e agghiacciante – lo si respira in ogni pagina di un racconto in cui vittime e colpevoli scambiano di continuo il loro ruolo. Perfino la natura risulta ambigua, e con lei «tutte quelle cose, che in realtà sono belle e d’improvviso sembrano sbagliate».

Clara  Lofthus, una quarantenne che ha scalato con energica determinazione i più ambiziosi gradini del potere, da poco ha raggiunto il più alto. Come ministra della Giustizia ora può fare la differenza in tema di politiche sociali, in particolare ottenere una maggior tutela dei minori sottoposti ad abusi e violenze. È questa infatti la sua più veemente missione, impedire con ogni mezzo che ad altri capiti il dramma di cui fu vittima il fratellino. Quando Lars morì per le reiterate percosse del patrigno, tra l’indifferenza della loro madre Agnes, Clara era lei stessa poco più di una bambina e non poté fare nulla, solo stringerlo un’ultima volta tra le braccia e mantenere con lui, nel tempo, una singolare affinità extrasensoriale.

Ora però, divenuta una dei politici più influenti di Norvegia anche se a prezzo della sua libertà e di un percorso su cui molti avranno il controllo, è consapevole di dover sacrificare perfino i suoi figli, i gemelli Andreas e Nicolaij, per proteggere altri bambini più sfortunati di loro.

Clara proviene da una famiglia lacerata dall’abbandono della madre che se ne è andata a convivere con un insegnante sadico, portandosi via Lars per poi abbandonarlo alle sevizie del compagno. Dopo la morte dell’uomo in un tragico incidente, Agnes ha perso il senno ed è finita in una casa di cura per disabili psichici.  

Non che a Clara sia andata meglio nel nucleo che ha costruito con Haarvard, brillante pediatra e padre esemplare, che presto però ha iniziato a tradirla con la collega Sabiya. Appena l’anno prima, il marito è stato addirittura arrestato con l’accusa di aver ucciso tre persone. Scagionato in seguito, ha trovato la morte annegando presso una cascata nella terra d’origine di Clara, l’idilliaco Vestland, dove stavano trascorrendo le vacanze estive per tentare di ritrovare un equilibrio famigliare.

Smagrita e diafana per il peso delle tragedie che l’hanno colpita ma galvanizzata dal nuovo ruolo pubblico, Clara adesso si avvede di star recuperando forza e determinazione, almeno per quanto concerne la sua missione politica. Sente, ancora una volta, di poter vincere tutte le ingiustizie contro le quali ha combattuto nella sua carriera, di essere finalmente in grado di vendicare la tragica morte di Lars.

Eppure proprio ora, quando finalmente le ombre sembrano ritirarsi davanti a un promettente futuro, il passato si ripresenta a esigere un prezzo esorbitante: gli inquirenti ripescano dal fiordo l’auto su cui, all’epoca della disgrazia, viaggiavano Clara e il patrigno e un giornalista ficcanaso inizia a porre inquietanti interrogativi sulla dinamica dell’incidente; la madre all’improvviso viene dimessa dalla casa di cura dove è stata ricoverata per trent’anni e sceglie di stabilirsi proprio nel paese di Leif, l’ex marito della donna e padre di Clara, sconvolgendo un equilibrio che l’uomo non ha mai del tutto ritrovato; l’amante di Haarvard, arrestata per gli stessi crimini di cui lui stesso in precedenza era stato sospettato, è rimessa in libertà e inizia a perseguitare la rivale. E, quel che è peggio, i figli di Clara spariscono tra drammatici messaggi che ne dimostrano il rapimento.

Clara adesso è di nuovo sola, terrorizzata e lacerata dai sensi di colpa: le stesse ingiustizie contro le quali ha combattuto per tutta la vita si abbattono ora sui suoi figli, sangue del suo sangue, e ciò accade perché lei non ha saputo prendersi cura di loro.

Inizia così il suo tragico viaggio nell’oscurità, dove ogni malvagità è consentita e ogni sotterfugio ammesso, anche l’abbandono dei propri doveri istituzionali, pur di salvare quell’ultimo brandello di famiglia, unico argine a un suo completo fallimento personale.  

In un nefasto gioco di riflessi, ingannevoli e stordenti, Clara dovrà tornare ai luoghi della sua infanzia per scoprire che là, e solo là, si annida il cuore malvagio di tutta la storia, la sciagurata «sorgente da dove sgorga ogni cosa».   

Ipnotico e raccapricciante, il romanzo della Lillegraven si snoda con indiscutibile maestria tra le luci di un fortunato presente – benessere e privilegi di un buon vivere, il godt liv della socialdemocrazia scandinava – e un antitetico passato le cui ombre si annidano invece nell’abisso dell’animo umano.  

Il tema dell’abisso, e della sua nietzschiana attrazione, ancora una volta si conferma asse portante ineluttabile e terribile di questa seconda prova dell’autrice. Su quell’abisso che solo metaforicamente è rappresentato dal fiordo «imperscrutabile e invincibile», si affacciano tutti i protagonisti del romanzo, scandagliati con impietoso e inesorabile vaglio psicologico.  Un abisso guardato troppo a lungo per non esserne risucchiati. Colpevoli tutti, eppure vittime in egual misura. Di passioni incontrollabili e odio atavico, di ambizioni e sete di potere, di legami sbagliati, di incuria. O forse di una consanguineità che non perdona.

La narrazione, affidata di volta in volta ai diversi personaggi, procede con ritmo ipnotico verso un finale che, pur risultando l’unico plausibile e inevitabile, non per questo si rivela meno traumatico. L’alternanza dei soggetti narranti offre poi al lettore uno sguardo esaustivo sul loro coinvolgimento e sulle loro responsabilità nel quadro complessivo, permettendo di accorgersi che non esistono colpevoli e vittime, ma appunto vittime colpevoli.

La scrittura piana, spoglia di artifici stilistici e studiate ricercatezze, enfatizza per contrasto la terribile complessità del dramma narrato, mentre la natura – quell’idillio di montagne, fiordo e cielo – si trasfigura a sottolineare la tragica oscurità dell’animo umano.

Ed è così che in un luminoso tramonto autunnale su Oslo «il grande, pesante sole scompare dietro gli alberi come una specie di morte rossa». Il rosso infatti fluisce sotteso all’intera narrazione, come il sangue che sgorga dalle ferite fisiche e interiori, come «un filmato che non si può fermare».

Un romanzo grandioso e terribile, quello della Lillegraven, una nobile prova d’autrice, un noir potente sulle lacerazioni dell’anima e sulle devastanti conseguenze che ne derivano all’intorno.

L’autore

RUTH LILLEGRAVEN (Hardanger, 1978) è una scrittrice, poetessa e drammaturga norvegese. Ha debuttato con la raccolta poetica Big Bad Poems nel 2005 e ha scritto diversi libri per bambini. 

Più volte finalista a premi letterari importanti, ha vinto, tra gli altri, il “Brage Prize” e il “Nynorsk Literature Prize”.

Fiordo profondo (Carbonio, 2020), il suo esordio nel thriller, è stato tradotto in diverse lingue, riscuotendo sin da subito grande successo, anche tra i lettori italiani. I diritti cinematografici sono stati acquistati dalla Nordisk Film. Sangue del mio sangue (Carbonio, 2022) è il secondo capitolo della serie incentrata sulla ministra della Giustizia Clara Lofthus.

Giusy Giulianini

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