Scrivere per gioco. Senso primo

Quali e quanti sono i motivi che ci portano a scrivere? Quante e quali sono le motivazioni – profonde, superficiali, opportunistiche, celebrative, auto celebrative, funzionali, di riscatto, espressive, consce, inconsce, strutturali, metodiche, alternative, casuali, forzate e via così scrivendo – che conducono il nostro cammino verso il labirinto delle parole tracciate, dei segni indelebili – ma cancellabili – o dell’illusione dei grafi luminosi sul monitor di un computer?

Dal mio punto di vista, sono 42.

E lo aveva capito molto bene – e ben prima dell’umile scrivente che state leggendo – un piccolo, grande – era alto oltre 1,95 metri per 108 chilogrammi – autore contemporaneo: Douglas Noël Adams. Per gli amici e non solo, DNA. DNA morì l’11 maggio 2001 a soli 49 anni eppure per me e per molti altri – compreso il gentile commentatore che si firma “pensiero profondo” – ha contribuito a indicare e a definire una “rotta”. Nella letteratura e nella vita.

42, naturalmente, non significa 42. È semplicemente la risposta “alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto”. Domanda che, nella sua immensa complessità è andata – giustamente – perduta.

Perché 42 e non 64? Perché esistono più “scrittori” che lettori? Perché, in media, ogni italiano legge 0,75 libri l’anno e ciononostante, nello stesso periodo, vengono pubblicate quasi 65.000 novità – di ogni genere – solo nel nostro mercato nazionale? Perché nessuno si stupisce che un pianista debba avere delle splendide mani, un talento innato e soprattutto il tempo di allenarsi ogni giorno per ore prima di riuscire a eseguire perfettamente un pezzo mentre alcune persone credono di poter scrivere senza avere la “mano” per farlo, il talento innato e finanche la voglia di esercitarsi ore e ore prima di poter realizzare perfettamente un pezzo?

Perché gli autori, sempre in Italia, in alcuni casi hanno paura del lavoro degli editor mentre nel resto del mondo gli editor sono ringraziati pubblicamente dagli autori e spesso vengono consultati e interpellati durante la stesura degli scritti? Quest’ultima domanda, in effetti, la riprenderemo in una successiva puntata de “Lo spazio nero”.

Comunque, per dare un’unica risposta: non lo so. Ho delle idee, naturalmente, basate sulla mia ventennale esperienza. Ho elaborato delle ipotesi, dovute allo scambio continuo e proficuo con altri attori di questo stesso teatro che è la letteratura. Ho un forte desiderio di confrontarmi con voi su questo argomento e di poter leggere i vostri commenti e le vostre opinioni.

Perché fra le tante componenti insite “nella domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto” ce n’è una che forse varrebbe la pena considerare maggiormente: “perché qualcuno dovrebbe leggere quello che scriviamo?”.

E questo vale per tutti e soprattutto, per me.

P.S. Se vi va di giocare con questo picco“lo spazio nero” potrebbe essere arrivato il momento di rileggervi le prime puntate. Ci sono alcune casseforti che potrebbero aprirsi. Solo per un attimo.

Fabio Fracas

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