Raffaella Catalano

Abbiamo incontrato Raffaella Catalano, editor e curatrice delle collane di narrativa di Dario Flaccovio, un editore che, con scelte mirate e spesso coraggiose, negli ultimi quattro anni si è segnalato come un riferimento importante per il thriller italiano, ne è una conferma l’eccezionale exploit che ha visto 6 titoli Dario Flaccovio su 30 arrivati in semifinale al più prestigioso premio letterario di categoria, lo Scerbanenco; a questi si sono poi aggiunti 2 finalisti su 5, Giancarlo Narciso e Patrizia Pesaresi, che a loro volta hanno portato a casa rispettivamente il primo e il secondo posto. Un vero record, considerato che vi siete trovati a confrontarvi con i colossi del settore come Mondadori e Rizzoli.

A questo punto, Raffaella, c’è un posto per la spy story nel futuro della Flaccovio? Magari con una collana dedicata?
Sicuramente c’è posto per la spy story tra le pubblicazioni della nostra casa editrice. Mi sembra molto difficile che ci si possa spingere fino a realizzare una collana dedicata, perché sarebbe un ulteriore investimento da parte di una casa editrice che dal punto di vista dell’impegno per la narrativa è giovane, piccola e ha già fatto investimenti e scommesse davvero enormi. Però nei nostri volumi “extra” – cioè i fuori collana che ci stanno dando tantissime soddisfazioni e tra i quali rientra proprio “Incontro a Daunanda” di Giancarlo Narciso – ci sarà certamente spazio per la spy story, per i romanzi al confine fra thriller e avventura, per i noir esotici e quant’altro.

Consideri la spy story come un’appendice del thriller, o come un genere a sé stante, con regole diverse? In tal caso quali?
In genere non amo le etichette. Né in questo né in altri casi. Ma se proprio dobbiamo parlare di etichette, generi e via discorrendo, non direi che la spy story sia l’appendice del thriller né di altri tipi di romanzi, ma credo che si sia ritagliata un’identità indipendente. Quanto alle regole, ogni buon romanzo risponde ad alcuni criteri che potrebbero essere: una storia forte, ben costruita, che stimoli a voltar pagina, dei personaggi credibili e approfonditi, le “svolte” giuste, un finale che regga. Poi è ovvio che ogni filone ha le sue caratteristiche peculiari, che si aggiungono alle “regole” generali.

Sei d’accordo con quelli che dicono che dopo la caduta del muro di Berlino la spy story è finita?
No. Non credo che la realtà, la cronaca, la storia (quella con la S maiuscola) debbano per forza condizionare la fantasia chi sente di poter scrivere una spy story convincente anche in un contento storico mutato rispetto al passato. Né ritengo che gli scrittori o i lettori si siano allontanati da questo tipo di romanzi dopo la caduta del muro di Berlino. Di appassionati ne conosco tanti, e niente li convincerebbe ad abbandonare la loro passione.

Non pensi che i nuovi conflitti che si profilano all’orizzonte, primo fra tutti quello con la Jihad, possano fornire sfondi e spunti credibili per un rilancio del genere?
Immagino di sì. Proprio gli orizzonti che mutano, i conflitti e le tensioni che cambiano pelle, sostanza, epoca, potrebbero imprimere qualche svolta nei contenuti e negli scenari della spy story, ma non certo ucciderla.

Hai mai sentito parlare della IFL, la Italian Foreign Legion, ovvero il gruppo di autori italiani che, sotto pseudonimo, da diversi anni pubblica romanzi di spionaggio per la collana Segretissimo di Mondadori?
Sì. Di autori ne conosco alcuni, e un paio dei loro romanzi li ho anche letti.

Nel caso tu non lo sappia gli autori sono Sergio Altieri, Andrea Carlo Cappi, Stefano Di Marino, Giancarlo Narciso e Gianfranco Nerozzi, ai quali sta per aggiungersi Claudia Salvatori. Poi c’è Secondo Signoroni che pubblica con il suo vero nome. Non vi induce in tentazione il fatto che due di questi, Narciso e Nerozzi, siano anche autori di Dario Flaccovio?
Narciso è un autore di Dario Flaccovio e Nerozzi lo è stato. Apprezziamo moltissimo entrambi. E con Giancarlo Narciso la nostra direzione editoriale sta parlando proprio in questi giorni dell’ipotesi di valutare la pubblicazione di un suo secondo romanzo con la nostra casa editrice. Se avremo novità, vi terremo informati. Questo per dire che se ci proporrà una spy story, per noi andrà certamente bene. Nessuna preclusione.

Sul mercato internazionale ci sono molti romanzi di ottimo livello che aspettano di venire tradotti in italiano? Se dipendesse solo da te, li pubblicheresti?
Io non sono un editore né sono abbastanza ferrata riguardo al mercato internazionale per poter dire se c’è qualche scrittore straniero ancora non pubblicato in Italia che valga la pena di tradurre e commercializzare. Dario Flaccovio, attualmente, non pubblica narrativa estera, quindi questo è un settore che esula dalle mie competenze professionali. So però – anche per averne letto qualcuno in passato – che ci sono dei validi autori di spy story e che nel nostro paese hanno un buon successo. Quindi se un genere è letto non vedo perché non debba essere pubblicato, anche estendendo la ricerca di firme all’estero.

Esiste una via italiana alla spy story? E se sì, in cosa si differenzia?

Per ogni genere letterario ritengo possa esistere una via italiana. Altri filoni letterari lo hanno dimostrato. La differenza credo possa farla l’approccio individuale dello scrittore, la sua interpretazione personale di un genere letterario, questo come gli altri.

da Borderfiction

Renzo Saffi per Borderfiction.it

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