Evelyne, il mistero della donna francese – Marco Scardigli



Marco Scardigli
Evelyne, il mistero della donna francese
Interlinea
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Novara, anno 1904. In piena Belle Époque, la tranquilla vita della cittadina di provincia viene sconvolta da una serie di eventi sempre più tragici e misteriosi, il cui filo conduttore è rappresentato dalla conturbante Évelyne Perotti, vedova benestante originaria di Lione, enigmatica e sensuale, che vive autoreclusa nell’albergo Tre Re in compagnia della cameriera. La sua bellezza prorompente subito accende le fantasie degli uomini più più in vista che fanno a gara per avvicinarla e corteggiarla. Ma Évelyne presta attenzione solo al maggiore Otto Stoffel dell’Esercito Regio che – nonostante la proverbiale riservatezza e i modi piuttosto burberi di chi ha poca dimestichezza con l’altra metà del cielo – entra nelle grazie della bella francese, guadagnandosi in esclusiva le sue attenzioni.
I sentimenti di Évelyne sono veramente disinteressati?
Tina, titolare della pensione Celeste – in cui Stoffel vive da quando è stato destinato a Novara – percepisce un che di falso nell’atteggiamento della vedova Perotti e, forse spinta da un pizzico di gelosia per l’uomo che fino a poco prima l’aveva apertamente corteggiata, cerca di fare chiarezza. Confida le sue perplessità a Deodato Marchini, commissario di seconda classe presso la locale Prefettura, suo ospite presso la Pensione, una sorta di Sherlock Holmes all’italiana, a sua volta invaghito di Tina.
Contemporaneamente, viene ritrovato nei pressi dei bastioni del castello il corpo di una giovane donna, brutalmente mutilata.
Così si apre questo romanzo che è un noir storico.
L’ambientazione è originale: Marco Scardigli – Professore di Storia Militare e saggista – ha saputo calare una storia di cronaca nera nella provincia piemontese di inizi Novecento, contestualizzandola perfettamente. Sono gli anni che precedono la Grande Guerra, in cui il giovane Regno d’Italia si sta organizzando, e si diffondono tecniche di indagine forense fino ad allora quasi sconosciute: i rilievi antropometrici e fotografici, lo studio della scena del crimine, l’organizzazione dei primi nuclei di “pronto intervento”. Sono anche gli anni di Lombroso e delle sue teorie pseudoscientifiche sul “delinquente nato”, di cui si esaminano le caratteristiche fisiche e comportamentali, e del Trattato di Polizia Scientifica di Salvatore Ottolenghi, medico e antropologo astigiano, fondatore della Scuola Superiore di Polizia.
Un’epoca relativamente tranquilla, che guarda all’Ottocento e che non ha ancora vissuto il dramma della Prima Guerra Mondiale. Le architetture politiche dei grandi stati europei sono intatte e le diplomazie sono ancora in grado di garantire una pace relativa al Vecchio Continente. Gli echi della Guerra sono lontani e ci si prepara ad un futuro di modernità.
Novara è poco più di una cittadina, percorsa da carrettieri e da militari a cavallo, di stanza presso la famosa caserma ed impegnati nelle campagne piemontesi in manovre ed esercitazioni. Le automobili sono rare, la forza pubblica si muove a piedi o al più in bicicletta, i commerci sono fiorenti e si organizzano le prime attività manifatturiere locali. I contadini si riversano in città mettendosi a disposizione della nascente industria, comincia ad imporsi il problema del lavoro femminile e dello sfruttamento della manodopera.
Il racconto è venato da un sottile humor che dona levità anche ai momenti di maggior pathos, dando vita ad un piccolo gioiello di narrativa che ha giustamente vinto il Premio Selezione Bancarella 2019. Particolarmente riuscita è la figura della coprotagonista Tina, una donna forte e volitiva, un po’ Colombina goldoniana e un po’ femminista ante litteram – ben lontana dal modello femminile tardo ottocentesco. Con forza e determinazione degna di un’eroina moderna, Tina diventa il perno attorno al quale ruota tutta l’indagine, il braccio destro del commissario Marchini, cui nulla invidia in termini di capacità deduttive ed acume investigativo.
Ispirato ad un fatto reale accaduto nel 1924, che ebbe un complesso strascico giudiziario ed una vasta risonanza sui giornali locali, “Évelyne” fa compiere al lettore un tuffo nel passato in cui indagine poliziesca, cronaca nera e vita di provincia si mescolano perfettamente, “perché” – come ci ricorda Scardigli nella postfazione – “la fantasia fa parte dalla realtà, fa giri tortuosi, ma, alla fine, alla realtà torna”. Splendida, infine, l’immagine sulla copertina, una riproduzione de “La moglie dell’artista” di Egon Schiele, più che mai evocativa delle atmosfere d’antan del romanzo.

Il libro in una frase
“Silenzio. I giovanotti valutano come spettatori a un incontro di scherma l’esito del colpo. La donna alza gli occhi dal piatto e li rivolge su Stoffel. Il viso è piccolo, triangolare, con la fronte spaziosa, il naso leggermente all’insù e la bocca bella, ma strana con il labbro superiore più grande di quello inferiore. Ma lo spettacolo sono gli occhi: allungati, di un azzurro che vira al violetto, con un taglio particolare delle palpebre che conferisce un’aria vagamente assonnata. E questo dà allo sguardo un senso di intimità proibita e di donna sorpresa senza difese”

Sabrina Colombo

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