Festival del film Locarno: il venerdì di Pasquale Marrazzo

Persone simili ai protagonisti di Sogno il mondo il venerdì ce ne sono moltissime in una grande città come Milano. Persone offese, calpestate che subiscono soprusi dagli altri o dalla vita, che parlano a voce bassa e per i quali il venerdì è la metafora di un riscatto, l’attesa di una festa che difficilmente verrà.
Pasquale Marazzo sa soffermarsi con delicatezza ad ascoltare la loro voce e quello che c’è nel loro cuore. Il venerdì non verrà per Betty, trans disperatamente innamorato di Fabio, bancario, giocatore d’azzardo soffocato dai debiti, e neppure per Karim, immigrato irregolare sfruttato che lavora in nero nei cantieri edili inseguendo il sogno del permesso di soggiorno.
Forse verrà per Irene e Luigia che vivono insieme cercando di nascondere la loro relazione e di combattere i fantasmi della mente e la dipendenza dall’alcool di Irene.
Non aspetta il venerdì Gianni, giovane cameriere omosessuale vessato dal datore di lavoro, ma libero dentro, fulcro della vicenda, pronto a ospitare Karim in difficoltà, a tamponare le ferite del corpo e dell’anima di Betty, ad accogliere e ascoltare Irene che lo ha scambiato per il figlio sottrattole dal marito.
Una visione neorealista di una Milano di periferia, multietnica dove i protagonisti sono ritratti nella loro quotidianità difficile, c’è chi subisce violenza fisica, chi viene sfruttato, chi si butta e chi è buttato via. Per sdrammatizzare, i personaggi cantano, canzoni liberatorie in inglese scritte dallo stesso Marrazzo (che nel film interpreta il ruolo del muratore napoletano), tranne la cover Crazy Love, coro finale.
Particolarità del film è che, nonostante l’argomento si sarebbe facilmente prestato, non ci sono scene di sesso, il regista si concentra sui sentimenti e i rapporti umani che si intrecciano tra i vari personaggi.

Pasquale Marrazzo, napoletano vive a Milano fin da piccolo.
Terzo di undici fratelli è stato cresciuto dai nonni per aiutare la famiglia. Questo distacco subìto lo ha legato moltissimo ai suoi fratelli ai quali ha dedicato il film. Dopo aver frequentato la scuola di teatro al Teatro Nuovo di Napoli ha iniziato la carriera artistica collaborando con il teatro Out Off di Milano e realizzando quattro cortometraggi: nel 1992 Il tradimento e lo sguardo, 1993 Fenomenologico, 1994 Lontani dal paradiso (adattamento di un testo teatrale di Antonio Syxty), nel 1995 Ex-sistente.
Nel 1997 produce e dirige da indipendente il suo primo lungometraggio Malemare a cui seguono nel 2000 Asuddelsole e Le anime veloci.

MilanoNera lo ha incontrato al Festival del Film di Locarno.

Come è nato Sogno il mondo il venerdì?Volevo raccontare i sentimenti, sono stato avvolto da questa storia e l’ho realizzata.

Come mai Milano?
Perché ci vivo. Ho messo in moto piccole conoscenze, per avere gratis alcune cose, location e ho potuto girare in questa zona con minima spesa. Mi sono rivolto anche alla Film Comission e mi hanno dato quello che avevano, senza chiedermi niente del mio lavoro. Ambientare questa storia a Napoli sarebbe stato scontato, ho scelto Milano perché è ricca di contraddizioni, spinge alla creatività e alla riflessione. Il film è stato girato tra via Imbonati, Mac Mahon, Certosa e Ponte della Ghisolfa l’estate scorsa. Anche se eravamo in agosto la zona era molto affollata.

Perché hai deciso di creare personaggi marginali, quasi tutti con difficoltà personali?
Conosco parecchi nella loro situazione, donne alcolizzate e uomini che a 50 anni hanno perso il lavoro e hanno poche speranze di trovarne un altro. Oggi sono moltissime le persone che hanno difficoltà e forse sono marginali proprio quelle che vivono bene.

Come sono state create le canzoni?
Le avevo scritte prima di girare il film, avevo provato a scriverle in italiano ma non erano così efficaci. La musica che ascoltiamo è quasi interamente anglosassone, per questo ho scritto direttamente in inglese.

Quando hai deciso di fare il regista?
Da sempre, fin da bambino quando vedevo in televisione i film con Marlène Dietrich. Mi piacevano moltissimo i boa con le piume di struzzo.

Cosa ti aspetti dallo spettatore?
Che si emozioni…

Nei tuoi film, come nell’ultimo, hai usato un attore transessuale descrivendo solo i suoi sentimenti, perché questa scelta?
Me lo sono chiesto anch’io, ho sempre subito il loro fascino, forse perché mi riconducono agli angeli … sono indefinibili, vivono sospesi in una doppia identità, fra la terra e il cielo. Non riesco a vederci sessualità nonostante la vita che spesso conducono.

ambretta sampietro

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