Gli anni Sessanta: quelli del boom economico, della corsa all’automobile, agli elettrodomestici, ai locali da ballo, alla Dolce vita. Una corsa per scrollarsi definitivamente di dosso i ricordi, le distruzioni, la polvere e i morti della guerra. Ma gli anni Sessanta erano anche altro, legato proprio alla maggiore disponibilità di denaro: il contrabbando, la droga che cominciava a circolare più copiosa, la prostituzione per strada dopo la chiusura dei casini, l’usura, il gioco d’azzardo, i furti e le rapine. Protagonista era una criminalità giovane, violenta, rampante e slegata dalle vecchie logiche, nelle cui fila c’erano i figli della guerra, degli stupri, delle puttane e degli amori impossibili.
Giuseppe Fabro è al suo primo romanzo e in “Il sangue dei padri”, pubblicato nella collana NeroRizzoli, racconta le storie di alcuni di questi ragazzi violenti che inseguono un solo obiettivo: i soldi. Sono convinti che con i soldi si compri tutto e per i soldi sono pronti a sacrificare tutto e tutti, anche i padri, ma non le madri. Il teatro della storia è Genova, città dai contrasti storicamente forti, un po’ ripiegata su stessa a causa di un benessere che coinvolge pochi, mentre tra i caruggi della parte vecchia la miseria continua a farla da padrone. È questo il terreno in cui si muovono Caio (il capo), Pumas, Criss, Albino, Parodi e Michele, un gruppetto di delinquenti tutti tesi alla scalata verso il potere, tra rapine, omicidi, furti e taglieggiamenti, che hanno il solo obiettivo di diventare i padroni del crimine, i capi riconosciuti e temuti, fino al salto di qualità definitivo con un rapimento. Ma nel sottobosco della malavita c’è spazio un po’ per tutti, anche per una coppia di amici ladruncoli che, tutto sommato, rispetta le regole della strada. Sono Mauro, detto il Moro, perché di carnagione scura, chiaramente figlio di un “liberatore” americano, e Vittorio.
Fabro tratteggia bene i profili psicologici dei ragazzi e il loro passato che li ha fatti diventare quello che sono, tra pestaggi, piccoli periodi in carcere, sangue, tanto sangue e voglia di soldi e sesso. Sì, sono queste le regole di vita soprattutto del gruppo capeggiato da Caio, sintetizzate nelle tre “s”: soldi, sesso e sangue. Quando le strade criminali dei due gruppi si incroceranno, le tre “s” esploderanno in un crescendo di tensione, terminando in un epilogo sorprendente. Ma sono interessanti anche i personaggi di contorno, che disegnano alla perfezione il clima di quegli anni, le situazioni, la vita quotidiana e l’escalation della violenza criminale che viaggiava di pari passo con il benessere di molti e l’arricchimento esagerato di pochi.
Un romanzo anche per ricordare e ricostruire le radici storico-sociali di alcuni eventi criminali, che hanno fatto storia nel nostro Paese.
Giuseppe Fabro – Il sangue dei padri
Michele Marolla