26 agosto. L’estate sta finendo. E Marina, Mimma Pietrofesa Cortese, ottantenne matriarca della famiglia ha organizzato il tradizionale pranzo di fine estate a Palazzo Margherita, l’ex maestoso palazzo della fine dell’800 di Bernalda, a pochi minuti d’auto dalla costa ionica, acquistato dal grande regista americano Francis Ford Coppola, lucano di origine e trasformato in splendido resort di lusso. Lei arriva per prima, in tempo per dedicare un’ora a dolci ricordi e poi raggiungere il tavolo apparecchiato nella frescura, sedersi al posto d’onore e godere dell’inebriante profumo delle rose. Alla sua destra prenderanno posto Matilde, sua sorella nubile, la nuora Laura, moglie del secondogenito Pablo; alla sua sinistra, la saggia nipote Carlotta, dopo Valerio con a fianco Pablo, suo padre e l’altra nuora, la ricca ebrea romana Abigail. All’altro capotavola ci sarà il figlio maggiore, il primogenito Giuseppe Cortese detto Bepi, ma il posto riservato a Wlady, nipote prediletto di nonna Mimma, quella mattina presentatosi addirittura con i capelli color platino, resterà desolatamente vuoto per tutta la colazione. La sua assenza rappresenterà un neo, l’unica imperfezione nella perfetta cornice di quel giorno di festa dei Cortese Pietrofesa, facoltosa famiglia di antichi latifondisti lucani, con ancora residue proprietà terriere in zona e la improvvida gestione di Bepi della Torre Moresca, il locale notturno più esclusivo e spettacolare della costa ionica. E per di più all’improvviso il cielo, che si è rannuvolato, minaccia pioggia…
Alle 15 dello stesso giorno Viola Guarino, medico legale e consulente della procura della Repubblica di Matera, è stata convocata d’urgenza dal procuratore Basile e portata in macchina in una villa, una residenza ultramoderna tutta una vetrata, nel bosco Pantano di Policoro, per esaminare a fondo un cadavere e studiare la relativa scena del crimine per la sua collaudata capacità in materia. La zona è isolata. Non ci sono testimoni del delitto . La polizia è stata avvisata da una telefonata anonima, probabilmente fatta dall’assassino stesso. Il morto che era il proprietario , il professor Vittorio Ambroselli, è stato ritrovato ucciso, come riscontrerà l’autopsia, con tre colpi di pistola, una glock 44, immerso nella vasca bagno. La scena scioccante, pare quasi l’immagine del celeberrimo dipinto di Jacques Luis David, datato 1793 che rappresenta la morte di Marat o Marat assassinato nella vasca da Charlotte Corday con un coltellaccio da cucina. Ambroselli infatti, come il celebre giornalista e rivoluzionario francese, instauratore in Francia con Robesperre del regime del Terrore, ha sulla testa un asciugamano bianco arrotolato come un turbante e gli investigatori guidati dal sostituto procuratore Loris Ferrara rinverranno sul tavolino, accanto al suo cadavere oltre a una rivista di arredamento, un ritaglio di giornale che parla del ritrovamento di ben centocinquanta quadri e altre opere d’arte nella villa dopo il suicidio di un noto ex boss della camorra, diventato collaboratore di giustizia, e il malconcio frammento di una lettera che si conclude drammaticamente con le parole: piangi io sono il tuo castigo. .
Il professor Vittorio Ambroselli era un ricco e famoso collezionista. Nel caveau della villa che trabocca di opere d’arte vien anche scoperta una stanza vuota. Potrebbe essere stato ucciso da un ladro? Il fatto è che una persona come Ambroselli, secondo il sostituto procuratore e sponsor di Viola, Loris Ferrara, era una figura controversa che poteva essersi fatto dei nemici. .
Di animo solitario, Ambroselli era tornato con la famiglia a vivere nel paese d’origine del padre, dove da ragazzo aveva sempre passato le vacanze. La sua famiglia allora prendeva in affitto una casa dai Cortese, Ambroselli conosceva bene i figli, facevano parte dello stesso gruppo estivo… Come Gloria de Levya, sua moglie, che si era uccisa poco dopo il loro arrivo, lasciandolo vedovo e con una figlia da crescere…
E quando salterà fuori che c’è in ballo un flirt tra sua figlia, la diciassettenne Ginevra, con il giovane Wlady Cortese – di cui, dopo due giorni di assenza, il padre è stato costretto ad andare a denunciare la scomparsa – i due casi verranno collegati per forza.
La soluzione sarà da cercare nel presente o andando a frugare in un passato che, come le scorie nucleari, è stato volutamente dimenticato, sotterrato nel più profondo della mente? Un passato che rimanda a quell’estate, l’ultima dell’innocenza e a qualcosa di terribile, a un orrendo debito contratto e subito, che peggio di una condanna è tornato a presentare il conto.
Piera Carlomagno costruisce in questo suo nuovo noir una trama complessa, densa di ombre in cui, ancora una volta, affida il ruolo di protagonista a Viola Guarino, di buona stirpe materana, , anatomopatologa e dotata di una sensibilità non comune. Lei che può vantare il padre savio piccolo agricoltore, la madre giramondo, il nonno farmacista il più dotto e stimato della città, ma e soprattutto la nonna Cumma’ Menghina_ Mariarit per i locali, la lamentatrice funebre più brava , più richiesta e la meglio pagata della Basilicata. Proprio per questo Viola, identificata come la nipote di una strega, si è sempre saputa legata a doppio filo con il mondo dell’aldilà, ragion per cui, con la laurea in medicina e la specializzazione, è persino riuscita a toccare la morte più da vicino. E sicuramente le ben collaudate «antenne» di Viola percepiscono subito che in quell’omicidio gatta ci cova. E la intriga: senza dubbio intorno all’ingegnere vorticava una tragica e torbida girandola. E Viola, dotata di un intuito particolare mischiato a quella specie di ancestrale istinto, quella scomoda eredità, di sua nonna che le permette di andare oltre la facciata di persone e cose, sa di dover andare a fondo pur di riuscire a imboccare e seguire la retta via per trovare le giuste risposte e poter arrivare alla verità.
Un noir inquietante, scritto con un linguaggio barocco, intenso e palpabile ambientato in un multiforme territorio che spesso pare ancorato nei secoli. Un Sud buono e cattivo dove spesso alligna quanto di peggio possa significare ai nostri giorni: dove convivono fratellanza di massoneria, legalità, omertosa illegalità e contemporaneamente una costante ricerca di una modernizzazione tesa a sfatare la sua fama di immutabilità.
Quel Sud con le sue donne e la loro continua costante ribellione alla prevaricazione e all’ignoranza. Una terra di straordinario fascino molto bella, addirittura splendida ma diversa, particolare, che si presta a fare da fosco scenario a una caccia sulle tracce di un misterioso e incomprensibile assassino per riuscire a metterlo all’angolo e smascherarlo. Un giallo noir in cui domina la fantasia, ma aleggia profondamente l’empatia esaltata dal lato più oscuro sensitivo esoterico di Viola, anatomopatologa, profiler e detective sopraffina che dovrà anche calarsi nel suo personale umanissimo inferno, confrontandosi sinceramente con il sostituto procuratore Loris Ferrara.
Certo una gran brutta storia a cui l’autrice non fa sconti e in cui costringe il lettore a seguirla e ad adattarsi a una favola nera legata al permissivismo e con alcuni personaggi soggiogati dalla protervia altrui. Dalla prepotenza, dagli eccessi, di tutta una vita a rischio, condotta con indolenza ma senza freni, senza morale. Una vita dominata da viziosi eccessi.
Tutto dovrebbe diventare come una lavagna cancellabile in nome della casta?
Il taglio freddo della luna – Piera Carlomagno
Patrizia dedicke