Nico riceve un messaggio dall’Argentina: l’affittuario del suo appartamento a Buenos Aires è morto. È la notizia che gli dice che è tempo che ritorni alla sua terra. Dove tanti anni prima, per riuscire a rompere la sua relazione con Sidney, aveva cavalcato la guerra sucia contro gli oppositori del regime inventandosi un dovere impellente di lasciare i confini nazionali. Sidney per vivere con lui aveva a sua volta mandato all’aria un matrimonio con tanto di figli e, per quanto si fosse accorta del raffreddamento del suo amore, non riuscì ad accettare di finire quella storia che continuava a essere l’unica sua benzina di vita. Partito lui, dopo qualche anno era partita anche lei. Però definitivamente. Era bastata neanche un boccetta di pastiglie.
Il ritorno di Nico, e come poteva essere altrimenti, è la fanfara per svegliare tutti i fantasmi della sua esistenza. Dalle stanze della casa all’immaginazione dei movimenti dell’ex amata dopo l’abbandono e prima del suicidio. E quando si rimettono in gioco i fantasmi, allora significa che si è deciso di delegare il proprio destino a una guida esterna. Che decide in piena autonomia strada, velocità e rispetto dei segnali.
Rieditato dopo 20 anni, Interno argentino di Alberto Ongaro è un impietoso viaggio interiore che sfida i ricordi perché generi emozioni. Una finestra sul male procurato e sul bene goduto. Una giostra in cui finalmente si accetta la presenza degli altri interpreti. E si aspetta che si compia il disegno che si deve compiere. Tanto la storia è stata già scritta.
Un racconto che mischia realismo magico, secondo la più tradizionale aria sudamericana (che tanto ha respirato l’autore in qualità di scrittore e giornalista) e confessione moraviana. Con una forte traccia di sensualità che spesso fa apparire i protagonisti più agìti che attori. Nel suo procedere tra immaginazione e memoria, Nico rimette tutto a posto, ma non può riportare più nulla casa. All’appello ora manca soltanto lui.