Incontro con Marco Cassardo

L’esordio con “Va a finire che nevica” gli ha consegnato una collezione di critiche entusiaste e dati di vendita apprezzabili. Oggi Marco Cassardo esce con la sua seconda prova narrativa “Mi manca il rosso”, edito ancora da Cairo. Un romanzo che tra rincorse, fughe e stallo dell’anima, gira attorno ai due poli estremi che dalla notte dei tempi segnano il più autentico spazio di movimento dell’uomo su questa terra: abbandono e vita ritrovata.

Pietro, il protagonista, vede sfuggirgli il presente e dà l’impressione di essere più portato a reagire che ad agire. Un tratto dell’uomo debole di questi tempi?
Non vorrei generalizzare, ma ho la sensazione che si tratti di una tipica caratteristica maschile. Gli uomini sono più portati a reagire che ad agire, soprattutto in campo sentimentale. Difficilmente un uomo lascia una donna perché non è più innamorato. Un uomo preferisce crogiolarsi nell’abitudine e nella noia piuttosto di prendere una decisione dolorosa. Gli uomini, in linea di massima, sono in grado di chiudere una relazione solamente se hanno trovato un’altra compagna. Da questo punto di vista, le donne sono quasi sempre più coraggiose e leali.

Nella sua vita irrompe Alberto. Quasi un inconsapevole deus ex machina che consente all’esistenza di Pietro di riprendere in mano certi fili. Sono tornati gli angeli?

Alberto è un angelo perché riesce a infilarsi in uno dei pochi spiragli che lascia il cuore in inverno di Pietro. Alberto conquista Pietro grazie alla sua capacità organizzativa e al suo talento di guardare alla vita con occhi pieni di stupore. Gli restituisce il piacere della curiosità, uno dei più bei regali che ci si possa fare tra essere umani

Dalla Torino scura di “Va a finire che nevica” alla pineta a mare come via di fuga di “Mi manca il rosso”. Non ci si salva nella metropoli di oggi?
No, non ci si salva. E il desiderio di fuga diventa una zona franca della nostra mente. L’idea di fuggire ci permette di sopravvivere. Beato chi davvero riesce ad andarsene da tubi di scappamento, competitività e palazzi di cemento.

Il bianco sporcato dal nero del romanzo d’esordio, il rosso di quest’ultimo. La presenza di un colore predominante sembra non essere più un caso.
Non è un caso. I colori sono emozioni. Ogni colore rappresenta un ricordo, una fase della vita, un profumo. Riempire i colori di significati è un modo per uscire dall’horror vacui.

Il suo amore per Proust qui diventa materia viva. Perché la scelta di far parlare alcune sue pagine?
Perché Proust va oltre la letteratura. Proust, appunto, è materia viva. Lo era ieri, lo è oggi, lo sarà tra duecento anni. Nel contesto di “Mi manca il rosso” mi serviva il suo aiuto per rappresentare la difficoltà del sentire e la violenza della nostalgia. Sono molto onorato che mi sia venuto in soccorso…

Cos’è cambiato nella sua scrittura?
Non sta a me dirlo, ma nel corso di questi ultimi anni ho lavorato molto sui dialoghi e sulla potenza evocativa della parola. Se i lettori se ne accorgeranno, sarò molto felice.

La copertina è bellissima. Comunica un senso di armonia. Era questo lo scopo?
Lo scopo era quello di coniugare armonia e segreto, le due facce della seduzione.

Cos’è il rosso?
Una buona ragione per alzarsi la mattina.

corrado ori tanzi

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