Il commissario Kostas Charětos vorrebbe mandarle entrambe al diavolo. Possibile che un povero cristo che corre tutto il giorno dietro al crimine in quel caos urbano chiamato Atene debba vivere col coltello tra i denti anche a casa?
Mala tempora corrono tra Caterina, la figlia avvocato che ha deciso di sposarsi solo in comune, e Adriana, la moglie, che per quella decisione entra in uno stato depressivo-aggressivo. Via, via. Meglio una bella vacanza con la consorte a Istanbul (ma qui chiamata pervicacemente solo e soltanto Costantinopoli), nella speranza che lo spirito divino torni a innaffiare le proprie vite con la dolce ambrosia dell’equilibrio.
Purtroppo per lui in Turchia č sbarcata una connazionale che alla veneranda etŕ di novant’anni si scopre serial killer. E mica una persona a caso. Si chiama Maria Hambou e in passato fu nientemeno che la sua balia. Nessun impazzimento prima del passo finale da parte dell’anziana donna. Che sente solo la necessitŕ di risolvere delle ingiustizie subite nella vita. A modo suo. Prima che il male che la sta mangiando non lasci piů niente nel piatto.
Maria uccide a dosi di tyrňpita, deliziosa sfogliata greca a base di feta. Un piatto che esce dalle sue mani alla perfezione. Con l’aggiunta di un po’ veleno se la offre alla vittima di turno. Maria deve chiudere il cerchio dopo un’esistenza non facile. Che si porta addosso il suo bel condimento di prepotenze e soprusi. Spinta da una forza quasi missionaria, la donna si sposta tranquillamente dalla Grecia alla Turchia anche se alle sue gambe sono concessi in sorte gli ultimi passi. Uscendo peraltro dalla scena del delitto sempre un po’ prima dell’arrivo degli investigatori.
Tra cui figura il commissario Charětos. A cui č chiesto di integrare la polizia turca, rispettando le gerarchie di campo. Prima di tornare, nelle ore libere, a cercare di godersi la sua vacanza nell’attesa che tra figlia e moglie si ristabiliscano i rapporti consueti.
Con La balia Markaris lascia la Grecia e atterra in Turchia. Il luogo, fisico o temporale, non cambia il sangue. Come successe con Simenon e le sue storie extra Francia o con Camilleri e i romanzi extra Montalbano. Autori che con lo scrittore “greco di Istanbul” condividono uno sguardo e un sentire che vanno ben oltre il genere letterario.
In questa ultima fatica apprezziamo come non mai la fisicitŕ di una scrittura che si alimenta di sapori, che va in cerca di odori con cui impregnare l’intera pagina. La narrazione di Markaris č fatta di terra, di ciotolato, di sassi. Di aria che entra negli occhi. Di piazze e vicoli che esplodono di rumori. Di cucina e cibo. Tanto cibo. Qui come non mai. Un giro culinario che avrebbe fatto perdere la testa a Ugo Tognazzi: pita, mezé, piatti a base di riso, spinaci, fagioli e patate, ciambelle croccanti, verdure stufate all’olio, involtini di cavolo, acquavite con l’aneto.
Con la tyrňpita a guidare le danze della fame e della morte. Il mangiare e bere come gesti senza tempo chemettono in moto la parte piů intima della nostra natura e ci rendono uguali a ogni latitudine di ceto sociale e fato. Che ci restituscono una voce umana, anche quando abbiamo fatto di tutto per perderla .
La lettura de La balia ci apre lo stomaco. Ci chiede di masticare. Di deglutire. E poi mangiare ancora. Di bere per allontanare l’arsura. Un’arma il cibo. Che, adulterato, puň portarci diritto al Creatore. Un viaggio anche quello.
E tra l’indagine in terra straniera e piatti che placano la fame, Kostas Charětos e sua moglie, insieme al gruppo di amici conosciuto in durante il viaggio, si buttano nella vita vissuta di Istanbul, imparano l’arte di contrattare il prezzo ai mercati, godono della straordinaria bellezza di una cittŕ malinconica che riesce a stare a galla sospesa tra tanti mondi e vivono in prima persona il millenario rapporto che c’č tra turchi e romei (la minoranza greca che vive nella capitale). Da Atene la figlia manda buone nuove. La pace č di nuovo possibile, l’armonia a portata di mano. Per chi ama. E per chi uccide.