La dama delle lagune – Marcello Simoni



Marcello Simoni
La dama delle lagune
La nave di Teseo
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Non ne dubitavo, e come avrei potuto, che La dama delle lagune a firma Marcello Simoni avrebbe aggiunto un nuovo elemento a puntello della sua ottima narrativa. E, infatti, ci regala una nuova intrigante trama, per un diverso e speciale giallo storico ambientato nell’807.
Un romanzo, ma allo stesso tempo un sottile e coinvolgente componimento poetico letterario che par volersi tuffare nelle esoterica magia alto medievale. Simoni, sempre dilatando la sua conoscenza e il suo amore per la storia, finora si era spesso equamente diviso tra terra e mare.
Con lui abbiamo navigato, cavalcato e marciato faticosamente sui carri o a piedi per ogni dove.
Oggi però, con La Dama delle lagune, romanzo ambientato nella terra dove è nato e vive, Comacchio “la “piccola Venezia”, il centro lagunare poco lontano da Ferrara, città che trae vita e linfa nel rispetto e fascino della propria storia, ci dà licenza di entrare nel suo mondo. Ma Comacchio, l’antica Comaclum, rappresenta anche un altro mondo. Un mondo, diverso, particolare, un vero e proprio labirinto che la leggenda vuole sia nato tra terra e acqua, frazionato in dodici isole, emerse tra l’Adriatico e i vasti bacini costieri lagunari generati tra l’epoca romana e il Basso Medioevo dal fiume Po’(l’antico Padus). Insomma, isole, insulae, collegate tra loro da una fitta rete di canali navigabili. Un’ambientazione solo acquatica: sia le larghe braccia del fiume verso la foce che i canali, più o meno grandi, come unico mezzo di comunicazione e collegamento. Ambientazione che dominerà e sosterrà tutta la trama.
Comaclum (oggi Comacchio), Anno Domini 807, foce del fiume Padus, 12 luglio.
Mentre il mostruoso e incontrollabile impeto del fortunale, dopo aver colto a tradimento Bonizo, il guardiano delle valli da pesca dell’Aula Regia e il suo equipaggio, ai remi del burchio il Vagulus e reclamato, o almeno pareva, un sacrificio umano, un improvviso, inatteso e benedetto squarcio di luce ha consentito di intravedere a poche braccia di distanza, la gobba di una duna. E con quella duna la speranza della salvezza, forse offerta delle invocazioni al Santo protettore di quei luoghi. Subito gli uomini alla voga, sospinti dalla disperazione, hanno moltiplicato gli sforzi arrivando finalmente a toccare terra. Dove, poco lontano, Bonizo riuscirà a scorgere Isacio, il giovane marinaio perduto, rapito poco prima dalla tempesta e caduto in acqua, ancora prodigiosamente vivo, appoggiato a una grande oggetto di metallo che affiora dal terreno argilloso.
Le lagune di Comaclum hanno restituito un antico sarcofago di piombo.
Non sarà però facile caricarlo prima sul Vagulus per poi attraccare e scaricarlo sull’insula Auregarii governata da Smaragdo, il longobardo e iconico abate del Monastero di Santa Maria in Aula Regia.
Ma a Smaragdo non piace che Bonizo, che per sua concessione si fregia del titolo di Miles e Magister Piscaturum, spalleggiato dal figlio Grimoaldo, abbia dissepolto e portato al Monastero la misteriosa teca. E soprattutto che pretenda di farla aprire e di aver diritto alla metà del contenuto. E tuttavia l’abate acconsentirà alla richiesta.
Ma la lunga e difficile apertura della teca farà scoprire all’interno il corpo di una fanciulla
Un miracolo, secondo Vitale, vescovo in carica di Comaclum, e il suo braccio destro e anima nera di supporto, il diacono Partecipazio detto “Mano di legno”, un essere falso e malvagio che ruba sulle rendite e mira a soppiantarlo.
Forse un cattivo presagio, la punizione di una malattia, un’ombra fatale provocata da un empio sacrilegio invece, per l’abate Smaragdo, che si troverà diviso tra l’obbligo morale di svelare il mistero della scoperta ai suoi discepoli e preservare la purezza della fede da sporche speculazioni di religiose blasfemie e contaminazioni pagane.
Il contrasto tra questi due religiosi coinvolgerà le vite di persone molto diverse tra loro, come il magister piscatorum Bonizo, suo figlio, il presuntuoso e crudele Grimoaldo, il giovane orfano Eutichio che accetterà di avere molto da imparare, il falegname Gregorius, che sa molto, vorrebbe nascondersi, ha fatto un voto ma non potrà rifiutare il suo aiuto vitale per la Camoclum e Ricperto, conte di Civitas Nova , fratello maggiore dell’Abate Smaragdo, a lui legato da un forte e indissolubile legame di sangue, mentre a Comacolum, tra le insulae dell’abitato, si agitano ben altri insidiosi intrighi e nella notte c’è persino chi crede di aver visto una ragazza bellissima dai capelli d’oro, camminare a passo veloce. Forse solo uno spirito inquieto, magari qualcuno in cerca di protezione o in fuga? Ma da cosa? Possibile che l’abate sia stato costretto a coprire un segreto persino alla sua famiglia?
E intanto il nemico trama nell’ombra. Sulle sponde dei fiumi e della laguna, coperte dalla nebbia si aggirano strane presenze. Si nascondono? Sono solo fantasmi o altro? Altro e da temere perché non è un caso che Gregorius dovrà rimpiazzare il guardiano del faro ucciso, e usare il vitrolium per dare l’allarme e avvertire tutti che un grave pericolo incombe su Comaclum, e Eutichio dovrà correre come un dannato per permettere la fuga di Lupicino, monaco benedettino amanuense. E solo lui Lupicino, potrà salvare dalle fiamme le carte con la memoria dell’Alma Regia…
Ma sopravvivere a un attacco non basta. Bisogna ricostruire, ricominciare a vivere e andare avanti anche se qualcuno che trama segretamente nell’ombra è sempre in agguato, pronto a tradire.
Fin dalle prime pagine il magico incanto di cui è permeato questo romanzo è legato all’acqua. Le battaglie avvengono con i personaggi pronti a battersi a bordo di agili imbarcazioni, modificate apposta per attaccare, invece che in eroici scontri cavallereschi, e anche per la piccola Comaclum le minacce di venti di guerra legati alle tensioni tra rappresentanti dell’imperatore Carlo Magno, e Venezia che appoggia la lontana Bisanzio vengono solo dal mare.
Una trama permeata di mistero, misticismo, lealtà che, come in tutti i gialli storici d’avventura saranno contrapposti a slealtà, dissolutezza, tradimento. Una favolosa e fantasmagorica epopea, dove tutto e tutti saranno coinvolti ma anche dove praticamente nulla e nessuno è, o dovrebbe essere ciò, che esteriormente appare. Ma anche basata su alcuni elementi storici reali quali il conflitto armato tra l’impero franco e Venezia all’inizio del secolo IX, con al centro l’abitato di Comaclum. L’esistenza di Ricperto, conte (comes) realmente vissuto di una Civitas Nova che proprio in quel periodo si stava separando da Modena (Mutina). Per non parlare delle misteriose teche di piombo. Involucri di metallo identici a quello descritto nel romanzo sono stati trovati in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Istria e ad Aquileia. Tutti provenienti da contesti funerari del II e IV secolo e molti con sepolture femminili probabilmente collegate a culti di matrice orientale… ma secondo quanto scrive Marcello Simoni nella sue sempre accurate e godibili note d’autore:
“E giusto per concludere con un pizzico di suggestione, aggiungo che il piombo, in età antica, veniva utilizzato in ambito funerario a due scopi ben precisi.
Il primo, per meglio conservare il cadavere.
Il secondo, per confinare all’interno dei sarcofagi le anime inquiete.”



Patrizia Debicke

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