Francesc Eiximensis
Estetica medievale
Jaca Book
Il titolo potrebbe far pensare a un noioso saggio di filosofia della storia. Non è così. Questo libro è la pubblicazione critica di un gustoso… chiamiamolo “manuale”, di vita privata e cittadina, un bon ton per la casa, la tavola e la città, suddiviso, appunto, in tre parti, dedicate ciascuna a un aspetto del vivere quotidiano, rivolto in modo particolare alle donne. Estetica nel senso di osservazione, contemplazione di ciò che appare, nonché mediazione fra ciò che è e ciò che dovrebbe essere secondo i canoni della morale, della bellezza e della convivenza coniugale, familiare e civile.
Una lettura molto gradevole, a tratti perfino divertente, basata su racconti e aneddoti di un grande affabulatore quale fu Francesc, definito dal filologo spagnolo Antoni Rubio y Lluch “ il grande cronista del Medioevo catalano”, che, tramandandoci questi frammenti di vita, sfata il pregiudizio che vorrebbe il Medioevo un periodo oscuro, popolato da uomini e donne dediti alla preghiera e refrattari a ogni novità, terrorizzati da miti spaventosi, poco comunicativi e feroci nella difesa dei dogmi imposti dai vescovi conti. Uomini sempre in armi, donne coperte da veli e chiuse nei conventi o fra impenetrabili pareti domestiche.
Ebbene, il vero Medioevo fu tutt’altra cosa. E la vita in famiglia e in società delle madri, delle figlie e delle sorelle, benché soggette ai capifamiglia, doveva essere piuttosto libera, gioiosa e disinibita se il frate si occupa di tradimenti pur condannando il delitto d’onore, di moda scollacciata o troppo lussuosa, di moda francese “attillata”, di mense troppo ricche, di corpi esageratamente pingui, di padrone di casa spendaccione, di fanciulle innamorate e troppo libere, di volti femminili truccati, di mariti fedifraghi e libertini, di suocere intriganti e di mariti gelosi. Certamente fu molto più libera di quanto non lo fosse nei secoli successivi, fra il ‘500 e il ‘700, quando la Santa Inquisizione fece pubblici falò dei libri: soprattutto di tomi di scienze e di filosofia, ma anche di romanzi e opere di poesia e accese roghi per bruciare le donne che non ci stavano a vivere come monache di clausura e gli uomini che si adoperavano per allargare gli orizzonti culturali e scientifici del loro tempo.
Suddiviso in tre parti che già la dicono lunga su come si vivesse nel Medioevo europeo: Dell’Eros, Della Mensa, Della Città, questo comprendio della monumentale opera morale di frate Francesc : il Libre de les dones a cui si è aggiunto il terzo libro del trattato Crestia’ (il Cristiano) e la seconda parte del Dotze’, oltre a puntare un faro sugli stili di vita trecentesca ci avvicina a quell’epoca che, a quanto risulta, fu aperta, improntata a un’organizzazione sociale e familiare per alcuni versi più tollerante di quella del ‘900 e quindi non così lontana da noi come ci è stato fatto credere dai libri di scuola. E l’aspetto più curioso è che a scrivere questo manuale di bon ton e, insieme, trattato di educazione civica e familiare che, con i suoi consigli, risulta essere una finestra spalancata sulle piazze, sulle strade, sui deschi familiari, che ci fa penetrare nell’intimità delle dimore medioevali, fu un religioso, un frate predicatore, che in realtà aveva a cuore soprattutto l’edificazione cristiana delle donne, nubili e maritate, delle fanciulle e la formazione di buoni cittadini ma parlava per parabole, aneddoti, proverbi, diffondeva citazioni estrapolate dalle Scritture, tolte di bocca a santi sconosciuti e a padri della chiesa di cui si è persa la memoria. E lo fa con leggerezza, con grande ricchezza di vocaboli, con freschezza di immagini. Insomma da vero affabulatore.
Francesc Eiximensis fu un frate minore vagabondo e ispirato, nato nel 1330 a Gerona in Spagna e morto a 79 anni in Francia, a Perpignano. Una vita lunghissima, soprattutto per quell’epoca, nel corso della quale studiò e insegnò presso le grandi università d’Europa, da Parigi a Colonia, da Oxford a Roma ed ebbe una vera passione per le opere dei suoi “colleghi” francescani Guglielmo da Ockham e Duns Scoto: due menti aperte. La sua opera è tanto vasta quanto poco conosciuta dal grande pubblico. Un vero peccato perché, a parte il gusto della lettura, mostra un volto della storia rimasto troppo a lungo in ombra.
Questo è senza ombra di dubbio un libro colto e tuttavia è un libro godibile anche da chi, pur non essendo accademico, si appassiona alla storia per curiosità e per capire l’oggi attraverso il passato.