L’aria che tira: M il figlio del secolo – Antonio Scurati

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M il figlio del secolo
Bompiani

“Fatti e personaggi di questo romanzo documentario NON sono frutto della fantasia dell’autore. Al contrario, ogni singolo accadimento, personaggio, dialogo o discorso qui narrato è storicamente documentato e/o autorevolmente testimoniato da più di una fonte. ”
Lo afferma l’autore nella nota che introduce alla lettura e in qualche modo smentisce la scritta che l’editore Bompiani  ha fatto apporre in copertina :” Romanzo “. Come se la Casa editrice volesse prendere le distanze dallo” storico” Antonio Scurati mostrando di aver dato accoglienza solo al “romanziere”.
Ma allora a che genere appartiene questo grosso tomo vincitore a buon diritto del premio Strega 2019?
Diciamo che la definizione “Romanzo documentario” è più calzante se ribaltata in “documento romanzato”. Così infatti questo libro appare al lettore poco avvezzo ai saggi storici fitti di note che rimandano alle fonti, scrivendo i  quali gli autori si preoccupano più della completezza delle informazioni che di porgerle con uno stile godibile da tutti, certi come sono di essere letti da studiosi o comunque da persone capaci di afferrare il succo del loro pensiero senza semplificazioni.
M sta per Mussolini, l’iniziale del cognome del dittatore che per la durata del Ventennio ha campeggiato dovunque come un monumento grafico, divenendo il logo del regime e, per estensione, dell’intera epoca fascista.
Ho impiegato più di un mese a leggere l’intero volume e ad assimilare la retro-intenzione (per nulla nascosta) dell’autore di voler superare la contrapposizione fascismo – antifascismo per riproporre la storia standone al di fuori, come, per esempio, il non tifoso guarderebbe una partita di calcio essendo capitato per caso su un canale che la trasmette. E  dunque per offrire una visione equanime degli accadimenti e consentire ai lettori di trarre da sé le conclusioni scegliendo da che parte schierarsi.
Ovviamente, nelle intenzioni di Scurati, dalla parte dell’antifascismo.
Il mio giudizio sul fascismo, confuso a torto col suo padre fondatore, durante e dopo la lettura molto attenta non ha mai vacillato, però non posso fare a meno di sottolineare che per i lettori più giovani,  quelli di seconda e terza generazione dal dopoguerra, quest’intenzione presenta parecchie ambiguità e se lo Scurati-storico ce l’ha messa tutta per fornire elementi attraverso i quali il Ventennio può essere capito e giudicato, lo Scurati-scrittore sul piano dell’equidistanza ha fallito. Perché il Mussolini che emerge da quest’opera non si accorda con ciò che è stato nei fatti il fascismo, ovvero brutalità, soppressione delle libertà individuali, leggi razziali e treni piombati diretti  ai lager, delazioni e rastrellamenti, olio di ricino e umiliazioni corporali, confino politico e lotta alle idee fino alla violenta  sottomissione dei dissidenti, fino agli omicidi, a cominciare da quello di Giacomo Matteotti, rinvenuto cadavere il 16 agosto 1934. Episodio che chiude la narrazione di questo (primo?) volume iniziato con la fondazione dei fasci di combattimento nell’aprile 1919.
No, il Mussolini che pensa, parla, si prende tutte le donne che gli si offrono nonostante sia sifilitico, che decreta, imbroglia, mente in parlamento e agli italiani, predics di pace e trascina l’Italia in una rovinosa e sciagurata guerra altrui, da queste pagine, nonostante la poderosa documentazione dica il contrario, esce avvolto dall’aura del mito ed è difficile per i lettori più giovani e meno corazzati non restarne sedotti.
Un’opera gigantesca e non solo per il numero delle pagine, che davvero mantiene la promessa di interpretare in chiave letteraria il fascismo attraverso il pensiero, le parole, le opere e le omissioni del suo fondatore, pur rimanendo fedele  ai fatti come un saggio rigoroso, ma che in un certa misura fallisce sul piano dell’equidistanza fra i due poli fascismo e antifascismo, ma solo per la regola che in letteratura i personaggi negativi, così neri che più neri non si potrebbe, finiscono sempre per diventare eroi.

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Adele Marini

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