Blue Balliet
Vermeer e il codice segreto
Mondadori
Lo strillo della fascetta – una frase tratta da The Times – è perentorio come tutti gli strilli: “Il Codice da Vinci per ragazzi”. In realtà, senza voler sminuire il fascinoso bestseller di Dan Brown, questo thriller di Balliet è qualcosa di diverso e a modo suo non meno avvincente. Per l’ambientazione e i personaggi si può considerare un tipico romanzo appartenente al nobile sottogenere del “giallo scolastico”, con due protagonisti adolescenti intelligenti, appassionati e sensibili che indagano per risolvere un enigma. Si può considerare un “classico” da questo punto di vista, ormai reperibile con difficoltà in libreria, ma più facilmente in una biblioteca dotata di un buon settore ragazzi.
L’ambiente è del tutto particolare, addirittura la scuola sperimentale fondata all’inizio del Novdecento dal filosofo e pedagogista americano John Dewey e basata sui principi dell’uguaglianza dei punti di partenza degli studenti, della natura attiva dell’apprendimento e della finalità sociale dell’educazione. E la sua ombra aleggia su vicende e personaggi, ispirando l’azione investigativa di due dodicenni, criticamente stimolati da una professoressa – una sorta di prof. Keating al femminile del film l’Attimo fuggente – che fa dei principi deweyani della scuola attiva, cioè problematicità, progettualità e creatività, i cardini della didattica.
Tutto parte dal furto di una quadro del famoso pittore olandese del XVII secolo e dal mistero circa l’attribuzione di altri suoi dipinti (veri o falsi?) a seguito di una denuncia di un misterioso personaggio. I giovani detective si imbattono anche in un libro che parla di avvenimenti bizzarri e fatti inspiegabili, di catene di “coincidenze significative” che spingono i due studenti a coniugare razionalità e intuizione in quella che dapprima è una semplice ricerca scolastica e poi diventa una vera indagine poliziesca con tanto di pericoli e suspense.
Da 11 anni
