Nessuno Tocchi Caino. Con il racconto di questo movimento che dal 1993 si batte per abolire la pena di morte, quindi con una luce e una speranza nell’amore che salva, si chiude l’autobiografia di Albert Pierrepoint, il giustiziere pentito. Il boia francese che in 25 anni ha impiccato circa 500 persone, viene raccontato nella sua forza e nello stesso tempo fragilità da Cinzia Tani nel suo volume ‘L’ultimo boia’, (Vallecchi pp.307), con la postfazione di Sergio D’Elia di Nessuno Tocchi Caino. In realtà la Tani immagina che Pierrepoint si racconti e racconti non solo gli uomini e le donne, tutti terribili assassini, che ha giustiziato come “secondo lavoro”, ma anche la sua vita privata i suoi amori e le sue contraddizioni. Che alla fine lo hanno portato a firmare le dimissioni, in particolare dopo che rischiò il linciaggio per aver giustiziato una donna che aveva ucciso l’ex per gelosia. «Ho lasciato il mio lavoro perché non credo più nella pena capitale» spiegava lo stesso Albert all’inizio prima di raccontare a ritroso tutta la sua vita. Ha 11 anni quando scopre per caso quale sia il lavoro segreto del padre e dello zio (il boia appunto) e crescendo decide di seguire la tradizione di famiglia.
Diventa il Pubblico Giustiziere più famoso della Gran Bretagna, chiamato per le esecuzioni anche in altri paesi del mondo. Ma nel 1956 le sue convinzioni vacillano. Accade quando deve giustiziare Ruth Ellis che, dopo un rapporto d’amore travagliatissimo con il corridore automobilistico David Blakely, lo uccide per gelosia. Per la prima volta Pierrepoint non trova una folla esultante che lo attende fuori dalla prigione, ma gente inferocita che vorrebbe linciarlo. Il giustiziere decide di lasciare il suo lavoro, non crede più nella pena capitale e comincia a combatterla.
“Io credo che nessuna delle centinaia di esecuzioni da me effettuate abbia mai agito da deterrente per un crimine. La pena capitale, a mio parere, non risolve nulla, soddisfa soltanto un desiderio primitivo di vendetta” dice Pierrepoint. Nel racconto della Tani fatto con una scrittura chiara e cronachistica i fatti di cronaca di cui il boia è stato “attore” finale in un certo senso, vengono raccontati dal suo punto di vista e intervallati agli episodi della sua vita privata. Gli amori, le perplessità e le sofferenze date dal suo “lavoro” vengono fotografati con una narrazione piacevole e mai noiosa. Insomma, un libro interessante che fa comprendere come sia “assurda” la pena di morte e come sia in fondo lontana dalla nostra vita democratica.
L’ultimo boia – Cinzia Tani
Laura Marinaro