Maradágal – Eugenio Tornaghi



Eugenio Tornaghi
Maradágal
Laurana Editore
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Per capire il senso profondo e nascosto di questo romanzo bisogna cominciare a esplorare quello che è il vero protagonista: l’ambiente, che non si trova una volta tanto nella  Napoli fascinosa e crudele o nella  Milano dove, stando ai giallisti degli ultimi vent’anni, si inciamperebbe in un cadavere dietro ogni angolo. No, in questo straordinario affresco a farla da padrona di casa è la civilissima, tranquillissima, ricchissima, noiosissima Brianza, la provincia della porta accanto, di cui si è sempre parlato pochissimo e solo  per dire che è un modello di operosità. Un po’ come la Vigevano dell’infelice, sfortunato Lucio Mastronardi: paradiso dei calzaturieri e dei padroncini tagliagola. Brianza felix? Stando a questo romanzo che scava a mani nude nel carattere brianzolo, non sembrerebbe, anzi! Paolo Vertemati è l’aspirante giornalista ostaggio del socio-direttore del giornale locale “Il messaggero della Brianza”, una pubblicazione tenuta in piedi dalle inserzioni pubblicitarie volute dai commercianti e dagli industriali locali: in pratica solo “marchette”. A lui, sotto pagato che più sotto  di così non si potrebbe, vengono richiesti, appunto, pubbliredazionali che lo annoiano fino allo sfinimento. Dovrebbe terminare di scrivere la tesi per la laurea in legge che farebbe felice sua madre, ma il “Sequestro conservativo penale”  lo annoia ancora più delle inaugurazioni dove almeno si possono incontrare belle ragazze come Francesca.  Paolo vorrebbe licenziarsi perché il giornalismo che aveva in mente è diverso da quello che gli tocca, ma se lo facesse  sarebbe comunque  una perdita per il giornale, allora per stimolarlo un po’e convincerlo a restare, il socio-direttore gli propone di indagare su un fatto di cronaca accaduto in un paese vicino, a Basileggio, dove pare sia scomparso lo scemo del paese, tale Angelo. Un poveraccio che campa di lavoretti e di carità, del quale sembra  preoccuparsi solo l’extracomunitario Driss che vive nella stessa corte. Comincia così, molto di malavoglia, una ricerca che all’inizio sembra finire su un binario morto perché Paolo si ritrova fra le mani l’Angelo sbagliato, ma poi, fra false indicazioni e maldicenze, la pista si raddrizza e sono dolori. A Basileggio e dintorni tutto è vero e nello stesso tempo tutto è finto. A cominciare dalle Residenze “Il vecchio ulivo” , un nuovo quartiere che dovrebbe sorgere sui terreni diventati disponibili dopo il decesso della proprietaria, se solo il sindaco si convincesse ad approvare la variante edilizia al piano regolatore e se il proprietario di un lotto al centro dei terreni accettasse di vendere e sloggiare! Intanto sui terreni ci sono cantieri veri, che producono soldi veri a palate con le vendite “su carta” di appartamenti finti perché anche se le ruspe e le betoniere lavorano, mancano tutti i servizi indispensabili e chi compra forse non riuscirà mai ad entrate nelle proprietà. Ma tanto siamo in Italia, no? Il Paese dove pagano solo le vittime dei raggiri. Tutto a Basileggio è vero e finto come l’Angelo sbagliato in cui si imbattono Paolo e il suo fotografo Marcelllo,  come il bar Piccadilly English pub con i suoi apericena e le camerierine sculettanti, che nel scimmiottare la metropoli alla fine, nonostante le Porsche Cayenne parcheggiate fuori, o, forse, anche per quelle, risulta essere tutto  tranne  quello che vorrebbe apparire: un locale di classe. Nel suo cercare l’Angelo disperatamente, Paolo penetra nel cuore nero della Brianza: quello dei danèe a tutti i costi. Trova guai ed entra in contatto col giovane Libero Cattaneo, aspirante commissario del quale sentiranno  ancora parlare a lungo i lettori che sopravviveranno alle 655 pagine di questo romanzo, nel quale forse l’indagine è marginale rispetto all’analisi antropologica dei personaggi. Un libro  acuto, profondo, ironico, paradossale, fresco e sincero. Da non perdere. 

Adele Marini

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