8 indagini ritrovate per Sarti Antonio – Loriano Macchiavelli



Loriano Macchiavelli
8 indagini ritrovate per Sarti Antonio
SEM
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Scrivo da tanti anni che neppure ricordo quanti. Immagino di sapere cosa vuole il lettore, cosa si aspetta da me e dai miei personaggi. Sono arrivato a pensare di essere un grande scrittore. Non è grave perché, prima o poi, un’idea del genere viene a tutti quelli che scrivono. Serve per portare avanti l’altalena di ottimismo e pessimismo”.
Sembra una confessione. Una confessione di Loriano Macchiavelli diretta ai suoi lettori. In questa raccolta, “Otto indagini ritrovate per Sarti Antonio”, pubblicata da Sem e curata da Massimo Carloni e Roberto Pirani, il confine che separa l’autore dal suo personaggio è sottilissimo, tanto che in alcuni frangenti sembra sparire, come accade nel “racconto illogico” di Loriano Macchiavelli, intitolato “Io sono un illegale”, “questo racconto potrebbe intitolarsi La Specularità frantumata ovvero Quando l’Autore si sostituisce apertamente al Personaggio […] la piena dell’indignazione (di Sarti Antonio, ndr) è tanto grande, da mandare in pezzi la convenzione, che vuole che l’Autore traspaia in filigrana dal Personaggio. Qui l’Autore si sostituisce di forza al Personaggio e apertamente urla la propria viscerale indignazione”, dichiarano i curatori. 
Il personaggio di Sarti Antonio, al centro di queste otto indagini, nasce quarantasette anni fa. Un personaggio enigmatico, sarcastico, “senza particolari doti investigative, si potrebbe anzi dire senza alcuna dote investigativa”, ma che ha “un innato imperativo etico: il suo lavoro intende compierlo e con pertinacia, quasi con ostinazione”, che “ci mette l’anima nell’espletamento del dovere. E tutta l’onestà che gli hanno insegnato i genitori”, e l’onestà si sa, certe volte “diventa un impiccio”. Sarti Antonio è un poliziotto, di fianco al suo nome, ripetutamente troviamo il grado di “sergente”, anche se questo grado in polizia non esiste, “una connotazione gratuita, tanto per arricchire il numero delle incapacità che lo tormentano? O un segnale per farci capire che Sarti Antonio è un personaggio anomalo per questi tempi, un personaggio tra l’inesistente e il mitico?”, certo è che Sarti Antonio si distingue per la sua umanità. Nei racconti di Macchiavelli, il suo personaggio si muove in mezzo alla gente, affronta i temi caldi dell’intolleranza, dell’integrazione, dell’emarginazione e la sua Bologna vista inizialmente come sfondo, finisce, in qualche modo, per compartecipare alla risoluzione dei casi. Ci sono le indagini iniziate in un bar di periferia, dopo una violenta lite; dopo il ritrovamento di un cadavere che lascia sgomenta e incuriosita la gente del quartiere: “le donne escono per la spesa e chiedono spiegazioni e s’interrogano senza avvicinarsi; gli antiquari aprono bottega; i passanti si fermano per un’occhiata; i ragazzini vanno a scuola e sbirciano… Il cadavere è ancora lì, appena coperto da un telo bianco”; ci sono i topi d’appartamento che si muovono senza sosta anche intorno al quindici di agosto, e che costringono Sarti Antonio ad occuparsi di alcuni furti di crocifissi e candelabri, al loro posto vengono rinvenute delle polaroid che riportano la sigla enigmatica “LH 260 DC”. Se Sarti Antonio il mestiere di “questurino” non lo ha scelto, ma “è stato il mestiere che ha scelto lui”, come ha scritto l’autore, l’uomo possiede una memoria di ferro, “non ha nessun bisogno di prendere nota”, se non fosse che poi “quando si tratta di tirare le somme, di mettere assieme i particolari che la sua prodigiosa memoria gli fornisce, va in crisi. E ha bisogno che qualcuno gli dia l’input. La spinta iniziale, insomma”. E una mania: il caffè. Non dice mai di no a chi gli offre un caffè, forse solo per confermare la propria tesi, che il caffè buono è solo quello che si prepara lui a casa sua: “sono ore e ore che sogna un sorso di buon caffè. E un buon caffè lo sa fare solo lui, a casa sua, con la sua miscela e la sua macchinetta. In mutande, per sentirsi finalmente libero dai condizionamenti del mondo, e in poltrona, per riposare un paio di piedi che non riposano da almeno dodici, quattordici ore. O più”. In questa raccolta, si mostra il formato gigante della scrittura di Loriano Macchiavelli, la sua abile maestria nel creare una cornice in cui più storie trovano posto, “sotto forma di flash-back”, anche se leggiamo, ad un certo punto, questa affermazione: «Il fascino del romanzo poliziesco risiede nella sua assoluta irrealtà» ha scritto un tale che se ne intende”. Eppure Bologna è così reale nei suoi romanzi, raccontata attraverso uno sguardo dolce e pungente: “In primavera Bologna è una città straordinaria. Specialmente di sera, attorno alle nove. C’è una sosta nel traffico che poi riprende più tardi, verso le undici e va avanti fino all’una di notte. I bolognesi non dormono quando dovrebbero. Dai colli scendono i profumi: fiori di campo, siepi di biancospino, erba medica […] E dalle finestre spalancate sulla via o sotto i portici, per far entrare i profumi che ho detto sopra, esce il rumore di una vita che potrebbe passare per tranquilla”. E ancora, il “ciclo di Bologna”, come sottolineano i curatori, “trae per lo più i propri incentivi dalla cronaca quotidiana, dalla memoria, dalla storia, arricchite da un’ambientazione dall’esattezza topografica. Ma il tutto visto in filigrana, attraverso il personaggio di Sarti Antonio”. Ecco allora che il mistero diviene tangibile, la scrittura si fa materia e il lettore si ritrova a camminare per i vicoli di Bologna, sentendosi vicino a Sarti Antonio, capace sì, di districare intenzioni e moventi, ma abile nel farci entrare nel cerchio delle relazioni umane. 

Paola Zoppi

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