Il dottor Mawsley viene trovato cadavere nel suo studio londinese. Celebre, ricco, non proprio amato, la sua morte non può passare inosservata. La causa è immediatamente scoperta: un’iniezione di stricnina. Altrettanto celeri le indagini, che arrivano a rubricare il fatto come semplice incidente.
Qualcosa però non quadra. Perché il dottor Mawsley non si era costruito una certa fama per poi commettere un errore così grossolano come iniettarsi una sostanza che, assunta in quelle dosi, è letale. E allora, se non è stato ucciso, se non aveva motivo di togliersi la vita, cos’è successo?
Durante una cena con amici, del caso viene a conoscenza anche un professore di matematica con l’hobby del detective. Si chiama Lancelot Priestley e la sua investigazione vuole arrivare, per sua stessa ammissione, a provare che non fu omicidio, non fu suicidio, ma non fu neanche errore. Perché può esistere una quarta alternativa. Anche se la mente umana non riesce a inquadrarla.
John Rhode (pseudonimo di Cecil John Street) firma questo geniale mystery dal titolo Morte in Harley Street, pubblicato dalla Polillo editore nell’ormai classica collana dei bassotti (suo anche il primo titolo della collezione, l’eccellente I delitti di Praed Street). E il genio sta tutto nella testa dello strano investigatore, che estrae dal cilindro un’alternativa che, alla fine della storia, può fungere anche da nuovo punto di partenza: ma allora, che cosa è stato commesso se, non solo la legge, ma neanche l’etica, ha mai contemplato una definizione per un caso del genere?
La morte del dottor Mawsley suscita ipotesi e supposizioni. Ogni possibilità viene sezionata da ogni angolazione, ogni capello spaccato in quattro e poi in sedici. Niente. Il buco non offre ragno. Allora meglio affidarsi alla sentenza? Per niente. Quel verdetto anzi fa acqua da tutte le parti. Finché Priestley, sottraendo dal cappello delle soluzioni l’evidente e l’impossibile, giunge alla verità. Per quanto improbabile. Ma che è stata possibile proprio perché diabolica.