Il Selvaggio



Guillermo Arriaga
Il Selvaggio
Bompiani
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Una storia selvaggia.
Negli anni mi è capitato di guardare qualche film. Ne ho visti di belli e meno belli, ma tra quelli che ricordo con piacere ci sono Amores perros, 21 grammi e Babel di Alejandro González Iñarritu.
Sono tra i primi lavori del regista, hanno un andamento temporale non lineare e non sincronico con più storie parallele che si coagulano attorno a un evento fondamentale. Sono opere dai colori saturi e luci livide che disorientano lo spettatore e lo spingono a riflettere sugli effetti nefasti del caso, il dolore e la morte.
Fare cinema però non significa piazzare da qualche parte la macchina da presa, liberare gli attori e poi “azione”. Tutto ciò che contribuisce alla realizzazione di un lungometraggio non si vede sul video, per fortuna lo spettatore non può spingersi oltre l’inquadratura e scoprire quanti trucchi e magie esistono appena oltre il bordo dello schermo.
E non parlo solo di effetti visivi e speciali.
Le tre pellicole di Iñarritu, conosciute anche con la poco edificante ed efficace etichetta di “Trilogia sulla Morte”, partono dalle sceneggiature di Guillermo Arriaga. Si tratta di uno scrittore, sceneggiatore e regista messicano di cui Bompiani ha pubblicato in Italia Il Selvaggio.
Non è alla prima prova letteraria e, nel caso non conosceste già l’autore, vi invito a scoprirlo non solo attraverso la pagina a lui dedicata su Wikipedia ma “leggendone” i film e “osservandone” gli scritti.
In merito a Il Selvaggio non ho mezze misure. L’ho amato entro le prime pagine e nemmeno una riga mi è sembrata superflua o fuori posto.
Juan “Cinque” Guillermo è un adolescente nel Messico alla fine degli anni ’60 che cresce sui tetti della città seguendo le orme del fratello maggiore Carlos tra allevamenti di Cincillà, gli ululati di Colmillo, spaccio di droghe alternative al giro dei neonazisti e delle prime cinematografiche molto selezionate. L’esistenza di Juan però è segnata dalla morte, pur essendo già sfuggito alle grinfie della mietitrice quando ancora era nel grembo materno o per via di una brutta ferita alla coscia, deve rassegnarsi nel veder morire chi ama per mano di una setta di giovani estremisti religiosi.
In compagnia del domatore di bestie feroci Sergio Avilés, l’amata Marìa Consuelo “Chelo” Reyes López e il cane King dovrà cercare la sua vendetta contro Humberto e un gruppo di giovani estremisti religiosi.
In parallelo scorre la caccia di Amaruq al lupo Nujuaqtutuq nello Yukon di qualche anno prima.
Con uno stile di scrittura accattivante, Arriaga ricrea ne Il selvaggio un mondo essenziale e violento che riconfigura attraverso delle schegge narrative fuori da ogni sincronicità temporale.
Detto alla maniera dei recensori sembra una cosa complicata, in realtà si tratta di una meravigliosa lettura con una dimensione spirituale molto profonda, vere e proprie incursioni nella cultura del nostro tempo e una trama in cui non mancano le sorprese di una storia non allineata ai soliti passaggi obbligati del noir.

 

Mirko Giacchetti

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