Leggere l’incipit di un romanzo di Maurizio de Giovanni è un godimento, ma anche un pericolo: si rischia di ricevere un colpo di fulmine letterario.
Quando anni fa ho letto il mio primo romanzo di questo autore “In fondo al tuo cuore” l’escamotage dell’anafora e del ritmo che questa induce al testo – i pensieri di un suicida – producendo forti emozioni, mi ha colpito al punto che non ho più smesso di leggere i romanzi delle (ormai) quattro serie. E se de Giovanni ha venduto milioni di copie è segno che l’attrazione è per tutti irresistibile, la fascinazione dilaga, complice oggi della fama derivata dai recenti film televisivi di ottima qualità.
Ma, rispetto al linguaggio delle immagini, lo stile dello scrittore è inconfondibile e cattura il lettore raccontando storie splendide, spesso ispirate a fatti reali, riprendendo vizi e virtù, bellezze e brutture di una Napoli verace, che s’impara a esplorare con maggiore attenzione, a conoscere e a comprendere sempre di più, libro dopo libro. La serie di Mina Settembre è più delle altre il romanzo di Napoli.
Così ora c’è “la Signora” che introduce la storia, la commenta, si inserisce nella narrazione chiarendo i punti oscuri, mescolando quelli noti, come una cantastorie d’altri tempi o una moderna Sibilla Cumana. O come la madre che si rivolge allo scrittore, gli insegna come osservare la gente, come interpretare i fatti, come scrivere le storie che lei gli racconta: parla con voce pacata e sapiente, mentre mani senza quiete compiono gesti quotidiani, spezzano ziti o sbucciano e tagliano verdure per ore ed ore, senza fretta, come in un rito sacro, perché preparare il cibo è un atto d’amore. Un personaggio che innamora e non si dimentica.
“…E tante storie che in apparenza non si sfiorano nemmeno, tante donne e uomini e vecchi e ragazzi che non si conoscono o che non sanno di conoscersi, alla fine si scopre che sono dettagli dello stesso quadro, che appartengono alla stessa recita.
I Quartieri Spagnoli sono cosí, dice la Signora. Un groviglio di strade, ognuna va a finire in qualche altra, ma mica un vicolo lo sa che, attraverso una curva o un arco, attraverso un portone o un altro vicolo, può portare in tutte le direzioni. Per questo sono importanti, gli antefatti. Se uno non sa da dove sta venendo, come lo capisce dove deve andare?
Prendiamo la Sirena, per esempio. La sapete, voi, la storia della Sirena?”
Sono tante le Sirene in questa storia che si svolge in una zona antica della città, fondata dalla Sirena Partenope, i Quartieri Spagnoli, dove la miseria e l’abbandono si respirano nell’aria, dove la mancanza di un lavoro decente getta le persone nella disperazione, dove le istituzioni falliscono. Ma è un luogo in cui la dignità e il rispetto sono valori da salvaguardare.
Ester, una ragazza disabile per una violenza del padre, dalla voce incantevole, ha un fratello, con una Sirena tatuata sul braccio, che vuole guarirla a ogni costo. Una donna anziana viene scippata e finisce in ospedale in gravi condizioni. Una televisione locale (TeleSirena) manda in onda un filmato raccapricciante: un bambino in mezzo ai rifiuti contende a un cane un tozzo di pane. La giornalista, Susy Rastelli, Sirena appunto, si lancia in una campagna contro la povertà estrema e il degrado del quartiere.
Ecco i dettagli dello stesso quadro che si riveleranno piano piano, fili che si intrecciano, proprio come nel presagio della Signora.
La casualità aiuta a connettere le storie.
Il sostituto procuratore Claudio de Carolis, ex marito di Mina Settembre e ora compagno di Susy, comincia a indagare sul caso dello scippo che non è quello che appare superficialmente. L’affascinante Mina e Mimmo, il ginecologo che assomiglia a Brad Pitt, sono sempre più innamorati e gelosi: battibeccano, resistono alla passione. Uniranno i cervelli per trovare alcuni indizi, scovando il colpevole, e apriranno finalmente uno spiraglio all’amore.
La serie di Mina Settembre non ha la tonalità drammatica e gialla di Ricciardi, dei Bastardi, di Sara.
Ha i toni divertenti e ironici della commedia napoletana, con personaggi spassosi, intermezzi comici, ma con un fondo doloroso che lo scrittore non manca di descrivere nelle condizioni sociali di un popolo che lotta per la sopravvivenza. Farsa e dramma, sorriso e pianto.
Del resto a Napoli convivono la ricchezza e la miseria, adiacenti o nello stesso vicolo, come i palazzi addossati gli uni agli altri, l’onestà della gente perbene e la criminalità più nera e violenta, oppure quella delinquenza dilettante che contamina l’ambiente ma si potrebbe prevenire con adeguati interventi sociali.
Come Mina e Mimmo, assistente sociale e medico, si adoperano ogni giorno per risolvere problemi e aggiustare ciò che è possibile, con la mente e con il cuore. Come il magistrato, Claudio de Carolis, che riesce a dare una seconda possibilità a chi è colpevole, ma può redimersi se la giustizia si dimostra giusta, non punitiva a tutti i costi.