Un giallo ucronico e visionario che fa dell’ironia e dell’ambientazione originale e ben costruita, i suoi punti di forza. L’autore di “Un’altra storia”, Luca Ongaro, è assai abile a catapultare il lettore nel corno d’Africa orientale e fargli vivere le atmosfere di un Paese esotico bellissimo. Il lettore, si ritroverà a indagare accanto al suo protagonista, il commissario Francesco Campani, e ad assaporare piatti speziati dai gusti freschi e forti. Siamo nell’anno 1956, a Wukro, nella parte settentrionale dell’altipiano etiopico, non molto distante da Macallè, capitale della provincia meridionale della Colonia Eritrea.
“Il commissario non avrebbe mai potuto lasciare la sua casetta alla periferia di Wukro, e non solo perché era una proprietà di famiglia, così come la locanda con il ristorante e la stazione di servizio. Campani amava il frutteto, amava il colore della luce del mattino sulle arenarie rosse, amava il fiume che scorreva tranquillo vicino a casa, amava il fruscio del vento fra le chiome coriacee degli eucalipti, insomma, amava tutto di quel posto, non ultimo – da quel pigro che era – il fatto di avere quelli della locanda accanto che lo servivano e riverivano. La locanda l’aveva messa su il nonno nel 1898, rivelando un discreto fiuto imprenditoriale nello scegliere un posto abbastanza strategico per chi, provenendo da nord, andava verso Macallè, la capitale dell’Eritrea del Sud. Congedato dal regio esercito coloniale, il vecchio aveva deciso di accettare il pezzo di terra che veniva offerto ai reduci di Adua per invogliarli a rimanere fra quelle montagne, e si era fatto raggiungere da Gina, la sua morosa fiorentina; si erano sposati e avevano subito messo al mondo il babbo di Francesco, Piero, e poi a ruota la zia Luisa e lo zio Carlo”.
L’Italia non subì la sanguinosa sconfitta di Adua nel 1896 ad opera delle truppe di Menelik, capitolo con cui si apre tutta la storia e antefatto da cui si dipartono i capitoli seguenti. Rimase neutrale durante la Prima Guerra mondiale, Matteotti non venne assassinato e il fascismo non prese il potere. Il suo fondatore, Mussolini, lo ritroveremo vecchio, ingrassato e patetico, nelle vesti di ministro della Colonie nel governo Fanfani-Pella.
«Guarda, ti do ragione su Mussolini, non è granché come ministro delle colonie, e a settantatré anni non è certo un giovanotto, sono d’accordo; ma di certo non è lui che ha inventato il razzismo, come lo chiami tu. Il problema vero è che da vent’anni l’Etiopia cerca in tutti i modi di metterci in difficoltà, e ci riesce.»
L’autore si diverte a tratteggiare siparietti irriverenti con Mussolini che da ministro in carica va a visitare le colonie, dove vuole investire per costruire nuove strade, ma si allarma per la protesta sempre più veemente dei locali e urla: “Dov’è la polizia?”, “Spazzate via quegli imbecilli”, poi, visto che non succedeva niente, “Che cazzo volete negri di merda”, “Sparategli a quelle scimmie”, “Uguaglianza un cazzo”, e così via.»
E ancora: “Poi Mussolini, vista la mala parata, ha smesso di urlare oscenità, ha girato il culo e ha cominciato a scendere le scale, e Liberace gli è andato dietro. Solo che, appena ha toccato terra Mussolini ha avuto un giramento di testa. Capirai, fra il sole, la cacarella e l’incazzatura, insomma ha perso l’equilibrio, e il questore si è precipitato a sorreggerlo. Il problema è che Mussolini pesa più di un quintale, e così Liberace è andato giù insieme a lui e sono finiti abbracciati in un’enorme pozza di fango subito dietro il palco. I fotografi si sono scatenati.»
L’ucronia, come forse non tutti sanno, è un genere di narrativa basato su avvenimenti storici immaginari, alternativi a quelli realmente accaduti e tra i più famosi romanzi di genere non si può non citare Fatherland di Robert Harris del 1992, da cui venne tratto l’omonimo film. E se in quel romanzo l’autore inglese immaginava come sarebbe cambiato il volto del il mondo se Hitler avesse vinto la guerra, l’italianissimo Luca Ongaro ha costruito un credibile e godibile romanzo storicamente alternativo, dove oltre a dei rimandi in filigrana alla politica dell’ultimo decennio in Italia, non mancano certo gli elementi di indagine, ovvero un teschio umano ritrovato da una squadra di antropologi dell’università di Bologna, che stavano facendo delle ricerche sulla civilizzazione dell’Eritrea e dell’Etiopia. Il ritrovamento è avvenuto a Romanat, dove avevano montato il proprio campo, non lontano da Macallè. Una necropoli a cielo aperto, dove erano stati ritrovati scheletri di santi romani. Il teschio, vecchio di almeno mezzo secolo, presentava però un foro di proiettile nella nuca. Un ritrovamento sarebbe passato inosservato se si fosse trattato del teschio di un indigeno, ma un molare curato, raccontava un’altra storia.
“Campani la notò, e subito capì di avere a che fare con un problema. Una grossa otturazione di amalgama d’argento. Solo un eritreo su diecimila poteva averne una, e comunque per loro l’usanza di andare dal dentista era una novità degli ultimi anni. Prima, i denti degli eritrei avevano un destino molto semplice: in generale non si cariavano affatto, ma quando si cariavano finivano per marcire e cadere, oppure venivano strappati via. Curarli, neanche a pensarlo. Quello era il cranio di un italiano.”
Il commissario, nato e cresciuto nella regione del Tigre parla perfettamente tigrino ed è magnificamente integrato. Di origini toscane, nonostante si sia laureato in Italia e tifi Fiorentina, che quell’anno vincerà lo scudetto, ama visceralmente l’Africa e si ritrova così a indagare tra chiese rupestri, paesaggi sconfinati e primi fermenti di indipendenza degli eritrei e, come tutti i gialli che si rispettano, un tassello alla volta, un indizio dopo l’altro, Campani, riuscirà ad infrangere il muro di protezione che circonda il colpevole.
Accanto a lui faremo la conoscenza di altri personaggi che avranno il loro peso nello svolgimento della trama e nell’architettura della storia, come il suo aiutante, l’ispettore Araya Girmay, uno dei pochi eritrei nella polizia della colonia ad avere un grado superiore a quello di agente, o la dottoressa Emma Giusti, dell’Istituto Agricolo Coloniale di Macallè.
Un romanzo che potrebbe preludere a nuove avventure del commissario Campani.