Vanina è la poliziotta che io avrei voluto trovare in un giallo. Intervista a Cristina Cassar Scalia



Vanina è una gran donna, un personaggio che innamora: grintosa, determinata, una combattente, nel lavoro non è la solita femmina che deve farsi valere in un mondo maschilista. Nasconde le sue fragilità che però emergono – divora dolci, fuma tantissimo, sotto stress e paura dimagrisce…il corpo non mente! – Non la descrivi fisicamente, ma scavi a fondo carattere e personalità.
Ti sei ispirata a qualcuno per crearla? Ti assomiglia? Come l’hai costruita? 

Ho costruito Vanina come la poliziotta che, da lettrice, mi sarebbe piaciuto trovare in un giallo. Speravo che piacendo tanto a me, magari potesse incontrare le simpatie anche ad altri amanti del genere.  

Gli uomini che l’amano, i collaboratori, la scorta e gli amici fanno muro per difenderla e lei è rassicurata nel pericolo. Cos’è per te l’amicizia?
L’amicizia essere capaci di dare tanto senza pretendere nulla in cambio. Un amico ti sta vicino sempre, anche quando non condivide le tue scelte, senza emettere giudizi. Un porto sicuro in cui approdare quando la vita non ti sorride, o dove festeggiare le vittorie .  

Nei tuoi libri emergono le caratteristiche migliori della gente di Sicilia, accogliente, generosa, pronta ad aiutare chi ha bisogno, con quel modo sapiente di ritagliarsi momenti per godere la vita anche nei tempi difficili. Saper stare insieme, magari gustando l’irresistibile cibo siciliano…
E noi siciliani così siamo! Sarà perché discendiamo da una mescolanza di popoli, che ogni volta abbiamo accolto e dai quali abbiamo assorbito qualcosa. Cibi compresi! .


Parli della gioventù del passato e del presente, dei ragazzi che hanno scelto vie pericolose e mortali, ma anche quelli che hanno scelto la vita. Ti sei occupata degli anni Novanta per l’omicidio del padre di Vanina e ora racconti gli anni Ottanta segnati dalla droga: a quali fonti ti sei documentata? 
L’omicidio del padre di Vanina si colloca nel 1991: un periodo drammatico, in cui persero la vita tanti uomini delle forze dell’ordine, magistrati, giornalisti, persone in prima linea nella lotta alla mafia. Quel periodo maledetto in cui cosa nostra dichiarò guerra allo Stato e compì le sue stragi più atroci. Anni che vanno studiati e ricordati. Attraverso gli articoli del giornale L’Ora, le testimonianze di chi c’era, i libri, i film. L’avvento dell’eroina nel mercato della droga, negli anni ottanta, era profondamente collegato a tutto questo. I ragazzi che cadevano nel pozzo senza fondo della tossicodipendenza finivano quasi sempre male, a meno che non ci fosse qualcuno a salvarli. Un mondo a me sconosciuto, a essere franca, sul quale ho dovuto documentarmi bene. Mi è stato molto utile il documentario SanPa, su San Patrignano

La lingua siciliana è così musicale che entra con naturalezza nelle orecchie e nel cuore dei lettori: è impensabile un libro ambientato in Sicilia senza la sua lingua…
Impensabile soprattutto nei dialoghi, che per me devono essere quanto più reali possibile. Questo, specie per alcuni personaggi, implica l’uso della lingua siciliana. Mai dimenticare però che se oggi noi scrittori possiamo permetterci di usare la nostra lingua regionale, il merito è del grande Andrea Camilleri , che ci ha magistralmente aperto la strada. 

Descrivi un mondo dove convivono, accanto ai grandi crimini di mafia, la piccola delinquenza e i delitti della gente perbene, veri sepolcri imbiancati. Che ne pensi?
Una volta un amico poliziotto mi disse una cosa che non ho più dimenticato: il novantanove per cento dei delitti che tu credi di aver inventato, è stato già commesso da qualche parte. Penso che le sue parole rispondano bene alla domanda.

Leggendo questo libro ci sentiamo a Catania, una città affascinante, bellissima, con la sua Muntagna che domina e fornisce energia di fuoco agli abitanti: camminiamo nelle strade e nelle piazze, sentiamo odori suoni e sapori. Un amore viscerale per la tua terra, che ci trasmetti con passione.
Catania è la mia città d’adozione, la Sicilia è la mia terra, Palermo una passione. Mi piace raccontarle e soprattutto farlo in modo veritiero, senza indorare nulla ma, anzi, segnalando anche le (ahimè tante!) criticità. 

Ormai sei praticamente una presenza fissa tra i finalisti dello Scerbanenco.
Che sensazione ti dà sapere che i tuoi personaggi non hanno solo conquistato i lettori ma anche gli esperti del genere?

Una bellissima sensazione. Sapere che i miei libri sono apprezzati dai veri esperti del giallo è una grande soddisfazione, un po’ come quella che ho provato quando ho scoperto che Vanina era apprezzata anche tra le persone che lavorano in Polizia, o comunque tra le forze dell’ordine.

Devi dire grazie a qualcuno?
Senza ombra di dubbio a mio marito, che crede sempre in me più di quanto non lo faccia io stessa!

MilanoNera ringrazia Cristina Cassar Scalia per la disponibilità

Tiziana Viganò

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