Marisa Fasanella – Il male in corpo



Marisa Fasanella
Marisa Fasanella
Castelvecchi
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Miriam abita al secondo piano di un palazzo ingentilito da fregi polverosi della città vecchia, affacciato su un parco bicentenario, da sola con mister B, il suo bassotto nano a pelo corto. Suo padre invece vive fuori dal mondo, fumando il sigaro dietro i vetri della finestra della clinica a lunga degenza, cassaforte e prigione del suo silenzio. Dirigeva l’ufficio legale della vecchia fabbrica fino a quando presero la ferale decisione di seppellire i laghi artificiali e scaricare gli acidi velenosi nella terra, avvelenando i corsi d’acqua. Lui si era impuntato e aveva seguito passo, passo la gara di appalto per la completa bonifica dei siti, emesso il bando, raccolto da un imprenditore del Nord leader del settore, ma la dirigenza e ciò che la faceva ballare come un burattino ha bloccato le sue mani e la sua lingua. Mimì Ferraro è stato incastrato. L’hanno accusato di estorsione, di falso in atto pubblico e poi condannato. Cosa è successo a quell’uomo retto probo, marito e padre di famiglia per ridurlo a una larva d’uomo? Per farlo uscire di testa e sigillare la sua bocca? Al processo, seduto accanto al suo avvocato, Mimì scarabocchiava abulico e in silenzio solo cose senza senso. Quando lo portarono via per rinchiuderlo in una clinica non si guardò neppure indietro. Sua moglie, Margherita, «sopravvisse al processo e alla condanna, ma non all’assenza». Non accettava il disonore? La nuova vita di reietta? Oppure? Certo è che pochi mesi dopo si allontanò con la Cinquecento rossa e il gatto Milù e i Carabinieri, quando denunciarono la sua scomparsa, ritrovarono solo la sua macchina vuota e giorni dopo il cadavere del gatto sulla spiaggia. Il corpo di Margherita invece non fu mai stato ritrovato. Miriam, sua figlia era rimasta con la nonna, Maria Schiavone, e con la famiglia dell’amministratore di casa, Cecco Paone, di Rebecca, sua moglie e del loro figlio Massimo, suo vero amico e protettore, il giovane che, dopo aver scelto di non seguire le orme che il padre aveva tracciato per lui, era partito per fare il musicista. Ormai laureata, Miriam ha cercato lavoro nella fabbrica dove lavorava Mimì suo padre. Il suo scopo è scoprire la verità. Scoprire il perché del mutismo paterno, della succesiva morte di Margherita sua madre (da tutti considerata un suicidio), e dell’incontrollabile inquinamento del territorio. Tutti o quasi, manovrando e comprando i voti degli elettori sono diventati complici di un immenso sperpero di denaro pubblico e di quell’abominio, unica causa di malattie e morte di grandi e piccini. Che siano: politici, massoni e persino la Santa madre Chiesa, tutti hanno nascosto e nascondono ancora la longa manu della ‘ndrangheta. Una centrale a biomassa è nata sulle rovine della vecchia fabbrica dove Mimì Ferraro, suo padre, aveva trovato la sua morte civile a seguito della letale estrazione del tannino. Oggi quella pericolosa vecchia fabbrica è sempre là, anzi si è fusa con la nuova e anche se parte dei ricordi sono stati cancellati da un incendio, il passato e il presente hanno finito con mischiarsi impunemente. Da dove arrivano i rifiuti? La redditizia centrale di biomassa lavora giorno e notte, ma cosa sono quei fuochi che si sviluppano all’improvviso sulla collina? La strana morte dell’amico Massimo, ricomparso all’improvviso dopo nove anni di assenza, spinge Miriam ancora di più ad andare avanti con la sua indagine. Alla quale partecipa, in parallelo, un’altra donna, Mairim, anche lei in qualche modo strettamente legata a Massimo. Mairim ha un triste passato che non ricorda, è stata restituita moribonda dal mare, oggi vive nel faro abbandonato e scrive sul giornale articoli di speculazioni per costruire un grosso complesso edilizio su una collina disboscata, da cui tutti gli abitanti sono costretti ad andare via. Ma non basta perché si è trasformata in una scomoda testimone, spiando tutto il marciume che bracconieri o sconosciuti vestiti di nero seppelliscono nella terra insieme al contenuto delle stive delle navi. Mairim, la restituita, quasi risorta dalle acque. Miriam e Mairim specchiandosi quasi come un imprevedibile specchio, nei rispettivi dubbi e dolori cercheranno quello che pare un’impossibile verità: cosa si cela dietro l’efferato omicidio di Massimo il musicista. Ma solo sbrogliando i nodi dei tanti misteri del passato si potrà sognare l’alba di un nuovo inizio. Il male in corpo, con le sue oltre trecento pagine, dense di pathos e cupa atmosfera noir porta in scena sentimenti, tradimenti e antichi odi , inganni e avidità ancestrali, ma anche incontenibili passioni, La Calabria non viene mai nominata. Ma salta agli occhi, pagina dopo pagina, nella sua dimensione più oscura, ma anche nella sua struggente sete di onestà, quando affida l’implacabile spada della giustizia a uno scudiero cane o forse a un lupo.

Patrizia Debicke

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