Il giro di chiave – Ruth Ware



Ruth Ware
Il giro di chiave
Corbaccio
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Rowan in verità non era proprio alla ricerca di un lavoro, ma quando  scorge un annuncio non può fare a meno di leggerlo, e sembra veramente tutto perfetto, troppo.
Un ottimo impiego come bambinaia, mestiere che è il suo, paga generosa, vitto ed alloggio, e cambio totale di luoghi, dalla polverosa e soffocante Londra, alle pure ed incontaminate  Highlands scozzesi, che per una affetta da crisi asmatiche è una benedizione.
Perciò accetta di recarsi al colloquio di presentazione e  dopo aver visto la villa, la probabile datrice di lavoro, le bambine, il suo desiderio più grande è ottenerlo questo lavoro.
Certo qualche piccolo segnale inquietante c’è, le precedenti  tate che senza un perché hanno abbandonato dopo pochi giorni, storie di fantasmi che vagano senza pace, credenze popolari che raccontano  di maledizioni che hanno colpito i precedenti proprietari della casa, ma Rowan desidera tanto essere assunta che ogni campanello d’allarme viene tacitato facendo prevalere la razionalità.
Intuiamo che nella sua determinazione ad ottenere questo impiego qualche ombra c’è, ma forse il desiderio di cambiare vita la spinge ad esagerare e a dire qualche bugia sulle sue reali qualifiche professionali.
In tutti i modi ce la fa, il posto è suo e deve cominciare subito, i genitori delle bambine si devono assentare e lei si trova da sola con loro e con la compagnia saltuaria del tuttofare di famiglia, bello servizievole e non del tutto limpido, e con la governante, anche lei a mezzo servizio e dichiaratamente ostile.
Certo la casa in pieno stile vittoriano solitaria nel bosco e ricca di atmosfere gotiche, che si apre in  ambienti ultramoderni in stile minimalista, cablata in maniera quasi ossessiva  e dove persino un caffè si deve fare agendo dai comandi del tablet non si può certo definire un luogo sereno, anzi a tratti si rivela persino inquietante, soprattutto per via di certi strani rumori notturni, simili a passi in posti della casa dove non potrebbero esserci.
Ma questo per Rowan è solo l’inizio di un incubo che la porterà in carcere con l’accusa di omicidio.
E dalle lettere che lei scriverà ad un famoso avvocato pregandolo di assisterla nel processo che noi conosceremo la sua storia, conosceremo gli avvenimenti che l’hanno travolta e non potremo farci niente, saremo spettatori di una tragedia e del suo terribile finale.
Il giro di chiave è coinvolgente, non tanto per il modo in cui la narrazione viene espressa, la forma epistolare non è una grande novità, quanto per la concatenazione degli eventi, ineluttabile, perversa ed inarrestabile.
Si potrà dire che chi è causa del suo mal etc etc,  ma Rowan mai avrebbe pensato che qualche bugia detta per assicurarsi il lavoro l’avrebbe condotta alla pena capitale, eppure…..

Roberta Gatto

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