Il Noir specchio della realtà Intervista a Fabrizio Roncone – Non farmi male.


Fabrizio Roncone, attualmente in libreria per Marsilio con Non farmi male, ha cortesemente accettato di rispondere a qualche nostra domanda.

E’ un caso che il suo Paraldi abbia “bottega” in via dei Banchi Vecchi dove è ambientato uno degli scherzi più famosi del Marchese del Grillo, quello in cui fa murare la porta di un banco di pegni apponendo un pesante orinatoio in marmo?
“E’ un piccolo omaggio nascosto ad Alberto Sordi. Una chicca per le lettrici e i lettori più attenti. Poi è chiaro che via dei Banchi Vecchi, a Roma, è una di quelle strade con dentro più storia: basti pensare che a metà del Quattrocento, in alcuni documenti, era anche detta via “dei bicchierari“, probabilmente a causa dei numerosi uffici di notai e scrivani che adoperavano i “bicchieri” con la sabbia per asciugare gli scritti. L’idea che Marco Paraldi, il protagonista del mio romanzo, decidesse di lasciare il giornalismo e aprire una vineria proprio lì, dietro Campo de’ Fiori, in via dei Banchi Vecchi, mi è piaciuta da subito”.

Non farmi male è un romanzo con numerose citazioni di etichette di vini, superalcolici, primizie e piatti tipici regionali che accompagnano i vari protagonisti durante la narrazione ma è anche romanzo di protagoniste femminili. Paraldi sembra destreggiarsi meglio nell’ambito alcolico e culinario che in quello sentimentale, dove arriva persino a non ricambiare il corteggiamento di una principessa.
“Paraldi ha passioni battenti e ossessioni radicate. Mangiare bene, bere bene: questo, sì, gli piace molto. Ma non si esibisce in vineria – lì, invece, lascia che a gestire la cucina siano Bamba e Antonia, i suoi due collaboratori. Paraldi cucina a casa, le cui finestre affacciano su piazza Farnese, cucina per i suoi amici. Nel libro descrivo anche alcune ricette, tutte – ovviamente – ben sperimentate. Quanto invece alla faccende sentimentali: è corteggiato da Chicca, un principessa adorabile. Per adesso, siamo a una forte attrazione reciproca, che lui però tiene a freno, nascondendosi dietro una sostanziale incapacità di amare. Il che, com’è chiaro, ha tutto il sapore della scusa. Nel frattempo, infatti, si prende qualche divagazione con Agnese, un’amica di Chicca (mai presentare un’amica carina al tuo uomo: dovrebbero insegnarlo alle scuole elementari)”.

La sindrome del blocco dello scrittore che affligge Paraldi può rappresentare uno scudo psicologico dietro cui si nasconde un personaggio che non vuole abbandonarsi alle emozioni, visto anche il suo comportamento sul lettino dello psicanalista?
“Paraldi vorrebbe scrivere un romanzo giallo ma, ogni volta che si siede al computer, è avvolto dallo stesso tremendo pensiero: in quel momento, dall’altra parte del mondo, Don Winslow starà già al lavoro, e allora si demoralizza. No, non credo ci sia una correlazione con il suo comportamento un po’ rigido davanti allo psicanalista, cui inutilmente fa visita. Credo sia un monito innanzitutto a me stesso: ricordati sempre che in giro c’è Don Winslow. Un genere di monito, detto tra noi, che ogni tanto, negli anni, ho ripetuto anche nelle redazioni dei giornali che ho frequentato e che frequento: ricordiamoci sempre di Bob Woodward e Carl Bernstein”. 

In un recente intervento in un noto programma televisivo lei ha dichiarato: “Roma è una città dove il bene ed il male si sovrappongono, dove l’alto ed il basso sono vicinissimi, dove spesso ci abituiamo alle ingiustizie”. La ricerca della verità da parte di Paraldi ha forse come scopo quello di combattere queste ingiustizie?
“Il plot del mio noir è noto: c’è una ragazza romana che sparisce a Capalbio e Paraldi si mette, per una serie di circostanze, a cercarla attraversando Roma. Io credo che questa città sia oggi molto più che la Capitale d’Italia: ma sia, plasticamente, l’esempio del nostro Paese. 
Una città dove il bene e il male s’intersecano, di sovrappongono, fino a diventare indistinguibili. L’alto e il basso sono crudelmente vicini. Roma è una città orizzontale. Paraldi passa dai giganteschi palazzi della grande periferia, avvolta in solitudini struggenti, alle feste esclusive sulle terrazze del centro storico. Roma è una città in agonia. Vecchia, polverosa, piena di ingiustizie. Ma il viaggio dentro Roma è anche un viaggio in questa Italia. Paraldi incontra broker spietati e ministri corrotti, feroci usurai e agenti dei servizi segreti che bevono solo champagne, transessuali romantici e suore che si ribellano, perché avevano pensato di dedicare la propria esistenza al servizio di Dio, e invece si ritrovano a fare le cameriere di cardinali che vivono nel lusso più sfrenato”.

 Il romanzo è caratterizzato da un’indagine per ritrovare una donna scomparsa, condotta tra feste esclusive del centro storico e palazzoni di periferia, muovendosi nel lusso decadente dei Parioli e in squallidi locali di lap dance. L’inchiesta giornalistica al giorno d’oggi può fare qualcosa per avvicinare questi mondi così diversi?
“Le inchieste, nei giornali, ormai non si fanno quasi più. Questo è un errore gigantesco, le inchieste darebbero nervo, forza al racconto quotidiano: eppure, niente. E’ un genere giornalistico che sembra abbandonato. Il noir, al contrario, per come lo intendo io, può essere però uno strumento di racconto compensativo: voglio dire che raccontando una storia, un’indagine, si può cercare di descrivere anche la società in cui viviamo, con i suoi malesseri, con le sue tendenze”.


Nel suo Non farmi male sembra presente l’ispirazione al noir francese, quali sono gli autori che maggiormente l’hanno ispirata nell’affrontare questo stile di narrazione?
“Certamente Jean-Patrick Manchette, che rivoluzionò il noir francese, e poi Dominique Manotti”.

Paraldi è davvero convinto che la giustizia possa essere affidata a uomini di cattiva volontà?
“Paraldi prende atto che Roma è una città ingiusta, che l’Italia è un Paese ingiusto. E, nel suo piccolo, si ribella”.

I suoi lettori possono sperare che Paraldi abbia ancora parecchio da dire e che Lei abbia voglia di ascoltarlo?
“”Non farmi male” è la seconda avventura di Paraldi. Mi sono affezionato a questo personaggio. Voglio dire: è uno che potrebbe diventare mio amico. Andrei volentieri a bermi un gin tonic nella sua vineria. E, quindi, sì: ho voglia di capire se ha ancora qualche buona storia da raccontarci”.

E’ una mia sensazione oppure lei si è divertito molto a disseminare il romanzo di citazioni letterarie, cinematografiche, di personaggi che lei stima e non ultima la sua squadra del cuore?
“Scrivere è il mio mestiere. Per me scrivere è sempre stato puro divertimento. Ma, quasi sempre, sono stretto nel recinto dell’attualità: ho raccontato guerre, mondiali di calcio, terremoti, crisi di governo. Ma la scrittura di un romanzo apre scenari con potenzialità gigantesche: la possibilità di far entrare in scena Toni Servillo, per me il miglior attore italiano, è stato uno piccolo grande privilegio”

La foto di Fabrizio Roncone è di @Claudio Guaitoli
MilanoNera ringrazia Fabrizio Roncone e Marsilio per la disponibilità

Gianluca Iaccarino

Potrebbero interessarti anche...