Intervista a Roberto Riccardi – La notte della rabbia

11796307_1693732494189698_862554329798053544_nRoberto Riccardi non è solo un giornalista e un autore pluripremiato, è anche e soprattutto un ufficiale dell’Arma. Per l’esattezza un colonnello impegnato in grandi indagini sulla criminalità organizzata.
Come giornalista, fino al settembre 2014 è stato direttore responsabile della rivista Il Carabiniere. Da ufficiale ha operato in Sicilia e in Calabria, approdando poi a Roma, dove ha comandato la Sezione antidroga del Nucleo investigativo della capitale. Come scrittore ha esordito nel 2009 con Sono stato un numero, biografia di un sopravvissuto ad Auschwitz, lavoro per il quale ha ottenuto i premi Acqui Storia e Adei –Wizo (Giuntina). Sempre con l’editore Giuntina nel 2012 ha pubblicato il romanzo storico La foto sulla spiaggia. Poi  La farfalla impazzita (2013).
Sedotto, come tanti autori, dal genere thriller-noir, nel 2009 ha pubblicato Legame di sangue (Mondadori), romanzo che gli ha fruttato il premio Tedeschi. Segue Condannati (Mondadori) pubblicato nel 2012, lo stesso anno in cui ha visto la luce anche Undercover (E/O), il romanzo con cui ha fatto strage di premi: Biblioteche di Roma, Azzeccagarbugli e Mariano Romiti.
E’ del 2013 Venga pure la fine (E/O), candidato al Premio Strega 2014, che ha ottenuto riconoscimenti anche ai Festival del noir di Serravalle e Suio Terme. L’anno successivo, è la volta di La firma del puparo (E/O).
Seguono Il prezzo della fedeltà del 2015 (Mondadori) e Giochi di ruolo al Maracanà, un’antologia pubblicata da E/O nel 2016 e, infine, La notte della rabbia del 2017 (Mondadori)

downloadInstancabile, colonnello! Non deve essere stato facile per lei trovare il tempo di scrivere fra un’indagine e l’altra. Come c’è riuscito?
La scrittura è creatività, immaginazione, ma è anche… metodo. Per scrivere mi alzo presto la mattina, mi metto al computer e… avanti con la trama! Un’ora al giorno mi basta per un libro all’anno, i miei tempi sono questi.

 In La notte della rabbia ci sono molte analogie con il caso Moro a cominciare dalla personalità della vittima del sequestro che apre la narrazione: il professor Marcelli. E poi ci sono i rapitori: terroristi che si identificano con la sigla SAP: Squadre d’Azione Proletaria. Per non parlar della tecnica del sequestro stesso e dell’organizzazione dei terroristi. Immagino che tutto questo sia voluto e abbia la funzione di tenere viva la memoria su episodi della storia recente, anche se la trama del romanzo si scosta dalla realtà. E’ così?
Sì, lo spunto per il romanzo è proprio il fatto storico. Quando hanno rapito Moro ero un ragazzino, ma ne ho ricordi piuttosto netti perché Moro era stato l’insegnante di diritto penale di mio padre, alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bari. Così in quei giorni, mentre lo statista era nelle mani delle Brigate Rosse, a casa mia non si parlava d’altro. Si tremava per la sua sorte, sperando che potesse salvarsi.

 Ci sono anche gli infiltrati e i depistatori e non faccio nomi per evitare le anticipazioni che toglierebbero gusto alla lettura. Che mi dice? Sembra che lei abbia davvero vissuto negli anni di piombo. Da cosa le deriva questo interesse?
Dalla strage di via Fani e dal delitto Moro mi è rimasto un interesse forte per quegli anni. Ho letto molto sull’argomento, ho attinto a racconti di investigatori di quel periodo e raccolto ogni possibile informazione. Ancora oggi mi interrogo su cosa possa aver spinto tanti giovanissimi ad abbracciare le armi in nome di idee rivoluzionarie, nell’Italia democratica e repubblicana degli anni di piombo.

C’è qualcosa di lei, della sua personalità e della sua esperienza nella figura del colonnello Leone Ascoli?
Il modo di concepire la giustizia e il compito dei Carabinieri, certamente. Il modo di rapportarsi con le persone, a partire dai diretti collaboratori. Il resto è fantasia, ho volutamente dato al colonnello Ascoli un’identità precisa, quella di un ebreo ex deportato, che non mi appartiene.

 Nei suoi protagonisti, che si dividono fra appartenenti alle forze dell’ordine e alle istituzioni, come lo stesso Ascoli, il generale Candreva, l’autista Berardi, il giudice Tramontano, giusto per fare pochi nomi, e appartenenti al gruppo terroristico, come Nadia e Lorenzo, Massimo Arduini la primula rossa delle Sap, Stefano eccetera, sembra che lei abbia infuso i caratteri e i ruoli dei protagonisti di quel tempo, riuscendoci perfettamente. Chi vissuto in quegli anni oppure ha letto saggi e interviste, come quelle che si trovano in La notte della repubblica può addirittura cercarne le identità. Così facendo ha inteso scrivere un romanzo che fosse anche quasi-saggio oppure un nonfiction novel, quel genere letterario che ricalca la realtà mescolando fatti veri e di pura fantasia?
Quando tocco temi storici mi piace essere il più possibile aderente alla realtà. Perché ne giova il romanzo stesso, a mio modesto avviso, e perché la Storia va maneggiata con cura. Chi legge inevitabilmente si forma un’opinione, può essere influenzato. Così la verità è un dovere di chi scrive.

 Ha ragione e sottoscrivo ogni parola. Lei è troppo giovane per aver operato negli anni ’70 ma, come mi ha spiegato, ha vissuto quei momenti attraverso i discorsi dei suoi genitori. In questo romanzo il suo racconto è così lucido che pare  li abbia attraversati con la divisa addosso e mi è parso di cogliere, qua e là, una punta di nostalgia. Sbaglio?
Ho iniziato a lavorare attivamente alla fine degli anni Ottanta. Allora il progresso non era rapido come oggi, così nei miei primi anni le indagini erano più o meno allo stato tecnologico dei Settanta. Magari un po’ di nostalgia c’è, per quando ogni minimo indizio andava cercato sulla strada, con le carpe e col cervello. Senza particolari ausili elettronici o di biologia.

 Helmut Brandauer, un ex aguzzino dei lager si muove libero e indisturbato per Roma. Qui entriamo in una sfera che lei ha esplorato in altri libri: la Shoa, Auschwitz. C’è una ragione particolare, oltre a quella dello storico, per questo interesse?
La mia vita. Anni fa ho conosciuto Alberto Sed, ebreo romano sopravvissuto ad Auschwitz. La sua biografia è stata il mio primo libro e poi ce ne sono stati altri due, di argomento storico. Torno sulla Shoah per affezione al tema, per il legame forte che ho instaurato con Sed e perché è una grave ferita del nostro recente passato che non dobbiamo mai dimenticare.

 Roma, la città che fa da sfondo, sembra poco partecipe al dramma del professor Marcelli come, in fondo, lo è stata anche per Aldo Moro. La sensazione, leggendo, ma la prego di correggermi se sbaglio, è che lei non la ami profondamente. E’ così?
In questo caso devo smentire. Amo moltissimo Roma, una città che ha un’anima e una storia antichissima. Roma è una protagonista del romanzo a tutti gli effetti, come se fosse una persona reale. Mi ha adottato quasi due decenni fa e la considero una seconda patria.

  Il dramma del padre carabiniere che si ritrova il figlio simpatizzante dei gruppi terroristici: ecco un altro aspetto molto vicino a quegli anni. Sicuramente nel corso della sua carriera avrà avuto a che fare con situazioni di questo tipo. E’ così? Se sì, ce ne vuole parlare?
Dietro quella vicenda ci sono figure storiche, come i tanti terroristi figli di magistrati, onorevoli e rappresentanti di varie istituzioni. Era un fatto piuttosto diffuso, che fa riflettere. Probabilmente quei ragazzi in qualche caso hanno trasferito il conflitto con il padre nei riguardi dell’autorità in senso generale, ribellandosi alle regole attraverso la lotta armata.

 A questo punto la domanda a cui non ci si può sottrarre. Ha già qualcos’altro sul fuoco in questo momento?
Mi piacerebbe rispondere di sì. Le idee sono tante, manca purtroppo… il tempo di svilupparle. Ho un incarico di lavoro molto impegnativo, per cui trovare l’ora al giorno che mi serve è un serio problema. Ma chi ha assaporato a scrittura rinuncia difficilmente a un piacere tanto grande. Prima o poi tornerò.

Colonnello, per i temi che affronta i suoi libri, destinati al grande pubblico, contribuiscono a tenere viva la memoria in questo Paese di immemori consapevoli. Da parte mia e da parte dei lettori, un grande grazie.

Milanonera ringrazia Roberto Riccardi per la disponiblità

Adele Marini

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