Per le mie storie parto dalle sensazioni – Intervista a Patrizia Emilitri – Nient’altro che nebbia

Patrizia, benvenuta su Milanonera e grazie per questa intervista. La colpa e la punizione come temi principali del tuo noir. Da dove arriva la storia di Nient’altro che nebbia, edito da Tea, e cosa ti ha ispirato? 
Grazie a voi per l’attenzione. Le mie storie non hanno mai un’ispirazione precisa, più che altro mi rifaccio a sensazioni che vivo davanti a fatti di cronaca o a esperienze personali. In questo caso, qualche tempo fa,  ho letto di un giovane che, proprio durante una discussione animata con un amico finita con una collutazione, per colpa, pare di uno sgambetto, ne ha provocato la morte. Cose da ragazzi, si dice, chi non ha mai litigato con un amico? 
Non so come sia finita la questione del giovane, ma certo mi ha dato lo spunto. Ho pensato ai miei figli, ho pensato che sarebbe potuto succedere a loro, a qualche loro amico, a chiunque, insomma. Poi ho conosciuto i genitori di un giovane accusato di omicidio (poi scagionato) e ho visto la loro vita sconvolta, la loro quotidianità interrotta. I giudizi, le accuse velate. In televisione, poi, dove spesso si svolgono processi sommari, c’è sempre la presenza di psicologi, sociologi e tuttologi che giudicano senza pietà le dinamiche familiari di vittime e colpevoli. Ecco, Andrea e Nadia vengono da tutto questo.

Andrea può essere il figlio di tutti noi, un ragazzo per bene che si ritrova accusato di un crimine imperdonabile, nel tuo protagonista c’è tanto della condizione giovanile di questo momento storico. E allora ti chiedo, hai deciso di raccontare la sua storia perché volevi raccontare di altri giovani e di altri tormenti simili?
Io credo molto nelle giovani generazioni, credo siano migliori di quelle precedenti, anche della mia, che appartiene proprio al periodo storico della vicenda di Andrea e Nadia e credo che abbiano la forza e la volontà di crescere e far crescere una società che in questi anni ha fatto passi da gigante, ma forse non ancora abbastanza.
C’è un perché nella vicenda di Andrea, c’è un motivo per quella lite al lavatoio, qualcosa che in quegli anni non sarebbe stata ammessa dalle famiglie e dalla società. Qualcosa che oggi abbiamo imparato a non giudicare. 
Ripeto, c’è ancora tanta strada da fare, ma i ragazzi di oggi, gli adulti di domani, ci daranno delle lezioni, ne sono sicura. Però non bisogna dimenticare che essere giovani non significa demandare responsabilità e colpe, che comunque ogni azione prevede una reazione, ogni errore una punizione. L’importante è che tutto serva per crescere.

Nel tuo splendido noir c’è la provincia più profonda e anche meno conosciuta, quella di una comunità un po’ ciclica che non permette a nessuno di entrare, ma da quanto racconti tu, neppure a nessuno di uscire perché Andrea è come se non andasse mai via di là e continuasse ad aleggiare come una presenza di cui avere timore e insieme vergogna. Ma c’è davvero ancora questa provincia in Italia, ci sono ancora luoghi come Perzeghetto?
Credo che la società intera sia composta da tante piccole comunità: un piccolo paese, ma anche il rione di una grande città. È il senso di appartenenza che ci rende la vita più semplice, che in qualche modo ci protegge. Sentirci parte di un territorio, sia esso in cima ad una montagna, sulla riva di un lago, davanti al mare o tra i grattacieli, ci rende protagonisti della nostra realtà, qualunque essa sia. I nostri vicini di casa, gli amici, i compagni di scuola e i colleghi di lavoro sono le persone con le quali ci confrontiamo e da cui spesso impariamo. E quando un fatto fuori dagli schemi, che sia violento o meno, coinvolge qualcuno all’interno della comunità, è la comunità stessa a ergersi a giudice.
Il lupo cattivo esiste quindi, anche vicino a noi, ma per fortuna non siamo noi. 
Ricordate il discorso di Al Pacino in “Scarface”? quando al ristorante tutto lo guardano e lui dice che loro hanno bisogno di lui, di puntare il dito e dire “quello è un cattivo” per sentirsi migliori.

In Nient’altro che nebbia in un certo qual modo c’è anche il tema della violenza sulle donne, ma Nadia non è solo vittima è anche una sorta di punta di iceberg che nasconde sotto molo di più e molto altro. Che ci dici di questa tua scelta e di questa tua figura all’interno della tua storia.
Nadia è ragazzina inquieta, sogna di andarsene dal paese e avere un’esistenza migliore da quella che vive nella piccola comunità. Ma è anche una ragazza che ama profondamente la famiglia e soprattutto suo fratello Guido. Andrea per lei è il nemico, in qualche modo, è colui che le strappa le attenzioni di Guido che quando è con Andrea nemmeno la guarda. È arrabbiata, sembra che nessuno, soprattutto i suoi genitori, si accorga di nulla, non vogliano aiutarla e probabilmente ha ragione e, come normale per una ragazzina, per cercare di farsi comprendere usa metodi sopra le righe. 
La ragione di quella lite con Andrea lo dimostra.

Comunità, personaggi, segreti, colpe. Se dovessi scegliere uno di questi temi per un tuo prossimo romanzo quale sceglieresti e perché? 
Credo tutti e tre. Spesso i miei personaggi nascondono dei segreti, più o meno importanti, che, una volta svelati, trascinano con sé il giudizio della comunità. E la comunità, come una valanga, li trasforma in colpe.

MilanoNera ringrazia Patrizia Emilitri e Tea per la disponibilità

Antonia del Sambro

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