Con un prologo che ci spinge avanti nel tempo di oltre sessant’anni facendoci arrivare fino al 1266, parte La fortezza del castigo, un corposo feuilleton d’avventura scritto a quattro mani da due drammaturghi (Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro). Il prologo presentazione, che per spiegare meglio cito, recita : «1266. Francia, convento di Mantes. L’inquisitore Marcus attende nell’ombra l’arrivo di un frate. È deciso a strappargli a ogni costo la verità su un libro segreto che minaccia di scuotere le fondamenta della Chiesa…» E dunque, visto il salto nel tempo, possiamo già anticipare senza tema di errore che La fortezza del castigo si appresta a diventare il primo di una serie/saga. La vicenda narrata infatti si svolge nel Duecento e più precisamente tra il 1214 e il 1215, con i personaggi che si muovono tra Francia e i tanti stati e staterelli e soprattutto tra i più famosi conventi che allora guarnivano la variegata planimetria della penisola italiana. Tra i protagonisti della trama emergono Francesco d’Assisi, il Santo, il poverello, colui del quale non si conoscono le vere fattezze, l’immenso padre fondatore dei francescani e del loro verbo, poi Innocenzo III, protettore di Federico II per anni ma papa discusso, abbastanza controverso per alcune sue mosse (vedi le varie crociate e in particolare quella contro gli Albigesi che portò il fanatico e bestiale sterminio dei Catari), che fu il grande difensore dell’ideale teocratico, ma ebbe l’indubbio pregio di avvalorare e consentire la predicazione francescana e infine Bonaventura da Iseo, medico dotto, esperto nelle arti alchemiche? Probabile ma soprattutto colui che il terribile fra’ Elia da Cortona descrive nella sua Chronica come: sapiens et industrius et sagacissimus… Ma la vera ragione di tutta l’avventura e del continuo e itinerante aspro contendere tra i “buoni” e i “cattivi”, appartenenti a una diabolica e oscura setta nera, sarà una santa e misteriosa reliquia destinata a San Francesco che deve essere difesa a prezzo della vita e che non deve cadere in mane blasfeme. Una reliquia che sarebbe l’unica in grado di impedire l’avvento dell’Anticristo…
Qualche antipastino sulla trama, ma senza rischiare di rivelare troppo, anche perché i misteri vanno affrontati, assaggiati e assaporati lentamente, come una raffinata pietanza. Dicevamo dunque siamo nel 1214. Ad Altopascio, nella Città ospedale di San Giacomo di Altopascio sotto l’egida dei Cavalieri del Tau (forse il più antico ordine religioso cavalleresco in assoluto). E proprio là il medico francescano Bonaventura da Iseo, allievo della Scuola Salernitana , apprende da Giacomo, un confratello ferito a morte e compagno di viaggio di Francesco d’Assisi che il loro mentore e capo è stato fatto prigioniero e rapito e da fra’ Giacomo riceve una pergamena che dovrà nascondere e consegnare a fra’ Elia, lasciato da Francesco a governare la Porziuncola. Con l’appoggio di tre Cavalieri del Tau, guidati da Rolando che cela il suo volto con una maschera d’oro, incuranti dalla neve, affronteranno il viaggio verso la Porziuncola e dunque l’Umbria, Assisi, per adempiere al volere del moribondo. Là troveranno e libereranno una conversa, sotto accusa come strega per essere corsa alla Porziuncola raccontando che Francesco d’Assisi gli è apparso in sogno affidandole il messaggio: «Và dai miei fratelli e dì loro che sono prigioniero»… E poiché la conversa, una bella ragazza di nome Fleur, porta al collo un medaglione in cui figura un aquila con la croce fra gli artigli, che per fra’ Bonaventura e il cavaliere Rolando è legata alla profezia sulla fine del mondo e all’avvento dell’Anticristo, Bonventura deciderà di portarla con loro nella loro pericolosa missione forse volta a scongiurare la catastrofe. Ma chi è veramente Fleur? Qual è il mistero che ruota attorno al medaglione? Chi ha ordinato la cattura di Francesco? Sfilano veloci: Perugia, l’isola Maggiore del Lago Trasimeno, l’abbazia di san Giustino, Lucca, la val Trebbia il Monastero di San Colombano ,il passo del Moncenisio , i Pirenei… Il mistero, la natura infida e i nemici li perseguitano, nascondendosi persino nella pace dei conventi e nell’ombra di quelli che dovrebbero essere manieri amici. Sulle tracce del frate d’Assisi, il monaco e i suoi straordinari compagni di avventura arriveranno fino alla rocca di Montségur, l’inespugnabile fortezza degli eretici catari… La fortezza del castigo mischia con tranquilla disinvoltura esoterismo, storia e fantasy. Bonaventura da Iseo, conoscitore delle arti alchemiche ed esperto di erbe curative si dimostra uno straordinario esempio del trionfo della dottrina francescana del perdono. Ma quanto era difficile essere un vero e bravo medico nell’Italia del 1200? La scuola medica Salernitana aveva fatto tanto ma tra i più dominava l’ignoranza e la paura. E con l’inquisizione sempre all’attacco si rischiava il rogo. Trama avventurosa che trascina il lettore, scrittura misurata come stile, libro divertente, descrizioni notevoli, ambientazioni molto curate, storia scorrevole, insomma una fiction che funziona. Ho detto che la narrazione mischia tranquillamente esoterismo, storia e fantasy. Infatti , storicamente parlando, ho riscontrato alcune forse inutili discrepanze temporali. Per esempio anche cercando in tutti i modi una qualche scappatoia:la rocca di Montsegur costruita nel 1202 da Raymond de Pereille (e che divenne l’ultimo rifugio dei catari) fu presa veramente d’assalto con tanti morti e feriti e la totale distruzione del villaggio solo nel 1244…Nel 1213 infatti Simone de Montfort tentò di attaccare il castello di Montsegur, ma dovette rinunciare per colpa dell’inverno. Non mi risulta invece che ci siano stati sanguinosi assalti a Montsegur nel 1215… Non contesto l’aver infilato un piccolo assalto, magari a tradimento, a Montsegur a quella data, ciò nondimeno per raggiungere lo scopo caro agli autori, perché servirsi con trent’anni di anticipo della descrizione del vero spaventoso definitivo attacco a Montsegur (poi seguito dalla strage strage del 1244 ad opera dell’esercito del re di Francia)? Poco male comunque: fantasy no? Per tutto il resto il libro funziona e anche se si avvale diciamo di un eccesso di interpretazione della storia, funzionerà bene lo stesso.