L’infiltrato

Il carabiniere Giulio Vassallo, nome in codice Falco, è arrivato al capolinea: dieci anni di lavoro come agente sotto copertura, lontano dalla famiglia e con molteplici false identità con cui convivere, lo hanno divorato nella mente e nel fisico lasciandolo solo e senza affetti.

Nasce dall’urgenza di raccontare una parabola umana prima ancora che “poliziesca”, “L’Infiltrato” di Carlo Brambilla, ex giornalista de l’Unità e scrittore. Un’opera forte e originale perché se il viaggio reale nel mondo del narcotraffico, dei boss, degli agguati e degli appostamenti mantiene alta la tensione del lettore, non è da meno il percorso parallelo e tutto interiore, ma altrettanto reale, che compie il protagonista tra successi e invidie, inchieste, trappole e domande su stesso. Un libro che porta i segni della denuncia in modo discreto ma non meno puntuale: la vita dedicata all’Arma in un paese che difetta di riconoscenza.

Carlo Brambilla, come è nato l’incontro con Falco?

Siamo entrati in contatto grazie ad amici comuni e lui ha manifestato la voglia di raccontare questi anni complicati della sua vita. E’ stata come una seduta dallo psicologo. Ci siamo trovati per un anno una volta alla settimana e per un’ora parlavamo.

L’aspetto avventuroso, pur presente, lascia il posto al travaglio umano di Falco. Quando hai capito che era questa la chiave del libro?

Mi sono reso conto che potevo fare un memoriale delle sue imprese, ma molte operazioni anti droga si assomigliano, invece quello che colpiva era l’aspetto umano. Una storia estrema in situazioni estreme, dalle conseguenze estreme vissuta da un uomo normale che ogni giorno vive dubbi, crisi di coscienza come ciascuno di noi.

Quello dell’agente sotto copertura è una figura spesso immaginata in modo romantico nei libri e nei film.

Se nella letteratura è una figura presente al cinema lo è meno. Ci sono ‘Donnie Brasco’ e ‘The Departed’ che negli ultimi anni hanno affrontato questo argomento. Ma quello che emerge poco, mentre nel libro è molto forte, è lo sdoppiamento della personalità, la condizione psicologica di chi vive per anni sotto copertura fingendo di essere un altro.

Al punto da finirne travolto…

Sì, ma la famiglia salverà Falco. Il libro ha un lieto fine amaro perché emerge come la carriera nell’Arma sia regolata dal grado militare e non dalle competenze acquisite. Il libro vuole anche analizzare le lacune di un sistema che protegge sì questo tipo di attività ma con molti problemi.

L’altra faccia dell’agente sotto copertura è quella del ‘confidente’, una figura affascinante anche dal punto di vista letterario ma forse poco raccontata?

Sì il confidente è la figura indispensabile a qualunque avvio di indagine. Falco ne ha conosciuti un centinaio, io nel libro ne cito solo tre. Ma sono figure gigantesche, buoni o cattivi che siano sono persone con un’intelligenza senz’altro superiore alla media. Proprio il rapporto con loro, la dipendenza per la riuscita delle indagini, il fatto che l’agente sotto copertura affida a queste persone la propria vita sono uno degli elementi di stress più forte.

 

matteo chiari

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