Un’indagine estrema del commissario Lupo Belacqua




Un’indagine estrema del commissario Lupo Belacqua
barbera
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Nel 2006 Mario Spezi si è trovato al centro di un’inchiesta giudiziaria legata alla vicenda del mostro di Firenze, a causa della quale è stato arrestato con l’accusa di depistaggio ed è rimasto in prigione ventitre giorni prima di essere completamente scagionato.
Oltre all’attività di giornalista Spezi è, però, anche un romanziere, e a questo secondo filone appartiene il giallo che ha per protagonista il commissario del titolo.

A dire il vero anche la città dove l’indagine è ambientata, Firenze, ricopre un ruolo centrale nella vicenda: continuamente sono citate strade e luoghi; ma soprattutto il caldo che avvolge la città medicea in agosto è un motivo ricorrente nelle due indagini che si svolgono in parallelo.
Perché due sono i casi che occupano la polizia: un omicidio senza cadavere e la sparizione di Bianca, figlia di un nobile fiorentino, che forse si è semplicemente stancata della famiglia o che può essere finita in un gioco più grande di lei.

L’omicidio si presenta fin dall’inizio particolarmente complesso: è stato senza dubbio commesso, e a dimostrazione parte del prato di una residenza privata è pieno di bossoli, ma non ci sono tracce, fatta eccezione per una microscopica particella contenuta dentro lo stomaco di una larva della mosca mortuaria da cui è necessario estrarre il dna della vittima.

Procedendo nella storia si susseguono le sparizioni, non viene trovata traccia di un milione di euro, e fa la sua comparsa anche un ex agente dello Shin Bet israeliano. Cinque saranno in conclusione i morti ammazzati e il dna non si dimostrerà una prova così schiacciante.

Protagonista indiscusso è il commissario Lupo Belacqua, romano trapiantato a Firenze, tipo collerico, adoratore di tutti i dolci alla crema e con una propensione alla maleducazione e alla vera e propria cafoneria, a suo dire uno dei modi per resistere a questo mondo sempre più politically correct.

Filosofo dilettante, ha una vita privata divisa tra la moglie nevrotica e le due figlie petulanti, l’amante e Klamm, personaggio di un romanzo di Kafka che si annida nella sua testa e gli invia suggerimenti per condurre le indagini.
Sfortunatamente gli altri personaggi sono semplicemente abbozzati o trattati come macchiette, quasi per riempire le pagine, a scapito di una qualche caratterizzazione psicologica che spetta solo al protagonista e al commissario incaricato dell’altra indagine. Anche alcuni buoni spunti si perdono un po’ nel nulla e la seconda indagine non si può dire propriamente chiusa.

A tratti con una trama un po’ scontata, nelle ultime pagine la situazione si capovolge e regala un finale originale, in linea con il bulimico commissario.
Da segnalare come nota dolente in molte pagine la non accurata opera di revisione che rende la lettura più faticosa. Il numero di refusi, in un’eventuale ristampa, andrebbe sicuramente ridotto.

sabrina pittaluga

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