I taccuini di Randolph Carter H.P.Lovecraft



Howard P. Lovecraft
I taccuini di Randolph Carter H.P.Lovecraft
Einaudi
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H.P. Lovecraft e Edgar Allan Poe
Facile crescere bene con un’infanzia segnata da queste due straordinarie penne, intrise di cupa malinconica e di orrore, quello più nero, deviante e deviato.
Ma se da un lato Poe ci propone la follia dell’uomo attraverso l’abisso dell’alcol, Lovecraft dipinge i suoi mostri, le sue inquietudini dalle forme deformi che si annidano tra ombre ed oscurità.
Giulio Einaudi Editore ci conduce nel mondo dell’Autore di Provindence attraverso il suo alter ego Randolph Carter, che percorre dimensioni oniriche in cui sono le nebbie e le trasparenti diafanità a circondare un lettore immerso in un altroquando narrativo privo di confini e privo di sostegni cui poggiarsi, galleggiando quasi tra paesaggi rupestri ed altipiani privi di limiti e confini.
Il retrogusto della saga della kinghiana Torre Nera è certo ed indubitabilmente percettibile, quasi quanto i paesaggi tolkeniani, se non fosse che i luoghi fisici e dell’anima, che Lovecraft tratteggia attorno al suo character, risalgano al periodo a cavallo tra 1919 ed il 1932 e sono capaci di trasfigurare persone e cose con rara chiarezza davanti ad un lettore che rimane attonito osservando “la sua natura umana originaria quasi
oscurata”
.
Un salto indietro nel tempo, un salto nel buio attorniati da una fitta coltre di nebbia e da esseri sconosciuti che ci respirano sul collo, vicini vicinissimi, lasciandoci impietriti e privi del coraggio di voltarci ed osservarli, occhi negli occhi.
Ci rimangono soltanto le note di “Lullaby” dei Cure, ideale sottofondo per un Autore che continua a stupire i propri lettori con i suoi orrori invecchiati come un buon vino francese.

Giuseppe Calogiuri

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