Un castello di bugie – Snǽbjörn Arngrimsson



Snǽbjörn Arngrimsson
Un castello di bugie
Carbonio
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In un gelido pomeriggio di ottobre, Júlía e il suo compagno Gíó fanno una gita in macchina verso il fiordo del Hvalfjörður per imbarcarsi su un gommone noleggiato in direzione di Geirshólmi, un isolotto deserto a pochi chilometri dalla costa. L’atteggiamento scontroso dell’uomo fa esplodere le tensioni esistenti nel loro rapporto e con una decisione impulsiva Julia salpa verso terra, abbandonando il compagno sull’isolotto. 
Pentitasi del suo gesto torna indietro per recuperare Gió, ma l’uomo è scomparso. Julia, scrittrice e giornalista, non avrebbe mai immaginato una trama simile per un suo romanzo e la ricerca del compagno scomparso la immergerà in un incubo costellato da angosce, paranoie e ricordi di un amore intenso, ma permeato di ombre sin dalla sua nascita.
Più che un noir, Un castello di bugie è un romanzo psicologico, a tratti quasi onirico, dalle atmosfere che riecheggiano le memorabili Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, in cui l’incomprensibilità del legame amoroso rispecchia l’incomprensibilità del mondo.
Il romanzo ci presenta un’Islanda diversa da quella dell’immaginario turistico, un luogo ‘lontano’ da ogni punto di vista, in particolare il lettore è colpito dai dialoghi tra i personaggi per l’asciuttezza dei rapporti, la mancanza di filtri formali e di cortesia, come ben si evince dal legame tra Júlía  e la sorella, psichiatra cosi priva di empatia e di tatto a cui nessuno vorrebbe rivolgersi. 
In questo grigiore e smarrimento esistenziale brillano l’incontro di Júlía e Gió in una Firenze solare e poi il viaggio da innamorati sino a Porto Santo Stefano, in un’Italia in cui la luce che si irradia sul paesaggio sembra antitetica all’esistenza che i due condurranno tornati in Islanda. 
Proprio per la sua cifra onirica, nel romanzo diverse domande resteranno senza risposta, lasciando al lettore il compito di decifrarle.

Donatella Brusati

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